sabato 7 luglio 2012

MIA RECENSIONE LETTERARIA: "NAUFRAGIO NELL'IGNOTO" WILLIAM HOPE HODGSON


Lo scrittore inglese William Hope Hodgson (1877-1918) è considerato uno dei massimi ispiratori del grande Dio della letteratura noir Howard Phillips Lovecraft (si ....avete capito bene, proprio lui). Questo piccolo preambolo dovrebbe già bastare per farci pensare di essere di fronte ad un'opera d'arte senza precedenti nella storia romanzesca di questo affascinante genere letterario. Andiamo però con ordine. Innanzitutto devo premettere che non nutro un amore viscerale per la forma del romanzo alla quale prediligo grandemente quella del racconto breve per due fondamentali ordini di motivi: il primo è che la qualità e la cura stilistica di un componimento è inversamente proporzionale con la sua durata tanto è vero che l'apogeo della forma stilistica risiede nella spesso introversa e (per antonomasia) ermetica poesia mentre al perdurare dello scritto aumentano anche i rischi di tempi morti e scene riempitive che servono solo da aggancio alle azioni principali; il secondo motivo è che odio, ripeto, odio, dover interrompere la lettura di un'opera per la sopravvenuta stanchezza perchè nella lettura a rate si perdono dettagli importanti che sono quel quid che poi rende magica   e attraente la letteratura agli occhi della mia mente assetata di cultura ed emozioni estetiche. Detto questo è chiaro che chi si avventura nel mondo del romanzo... deve saperlo fare bene accentrando l'attenzione del lettore dalla prima all'ultima pagina, altrimenti si scrive solo un soliloquio fine a sè stesso, pesante e inutile. Ecco che il signor Hodgson non rientra proprio in questa fascia dei romanzieri accorti. Mi spiego meglio. Se questo signore si avventura nello scrivere un romanzo di avventura e scusate il gioco di parole, non può farlo con l'ingenuità più deplorevole e con la ridicola e puerile ambizione di scrivere solo un malloppo di avvenimenti cronicistici senza neppure sapersi soffermare sulla analisi delle infinite sfacettature psicologiche dei personaggi, sulla descrizione delle scene, dei paesaggi, degli attori. Quando si narra l'azione pura senza descriverne gli elementi che possono essere saggiamente utilizzati come descrittivi, appunto, non si fa altro che allontanare il fruente verso il teatro o il cinema dove l'immagine ha una resa, un effetto infinitamente maggiore di quello che può avere la sua fantasia auto-stimolata oltre che non è professionale affidarsi alla immaginazione del lettore per trasportarlo in modo onanista verso i proprio lidi onirici, venendo meno all'obbligo descrittivo. La battaglia col teatro e col cinema non è però sempre impari: c'è una ricchezza che la letteratura può forgiare e che non necessita delle immagini del cinema ed è proprio l'analisi psico-sociologica del mondo interiore degli attori ed è su questo che la letteratura d'elite, quella che conta, quella di qualità, deve costruire la propria forza  e convincere colui che ne usufruisce, a scegliere di leggere un libro piuttosto che vederne il film da quello tratto. Questa è la virtù della letteratura. Se ciò non è nelle corde dello scrittore, come nel caso che abbiamo innanzi, ci troviamo di fronte ad un'accozzaglia di avvenimenti inutile e impersonale, degna del più banale romanzetto da spiaggia, scritto dalla più becera prostituta che si improvvisa scrittrice. Forse Mr. Lovecraft dovrebbe avere più stima di sè perchè ciò non rende giustizia alla magniloquenza del suo operato.

EMMANUEL MENCHETTI
VOTO: 5

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