mercoledì 27 dicembre 2017

"EROTOMANIA" (nuovo racconto)

Il televisore acceso era l'unica fonte di luce nella penombra della stanza, mentre proiettava il suono tagliente della voce di Ludwig che, tra lo scalpore generale, continuava a esporre nelle trasmissioni in cui veniva invitato, la sua teoria rivoluzionaria. "Lo sperma..." diceva "...il seme umano contiene sostanze nutritive che le mie ricerche hanno confermato come essere responsabili dell'eterna giovinezza, perché rallentano il processo di disorganizzazione del reticolo dermico, provocata dal glucosio in cui il derma perde progressivamente l'elasticità, cedendo sempre più alla contrazione dei muscoli sottostanti senza riuscire irreversibilmente a ripararsi e a ritornare in posizione di riposo....." - "quindi lo sperma dovrebbe essere spalmato come una crema sul viso di noi donne?!" chiese sarcasticamente la conduttrice che lo intervistava "No..... deve essere ingerito! le sostanze benefiche devono essere filtrate dall'organismo come nutrimento, non possono rimanere in superficie altrimenti non penetrerebbero a contatto con le cellule e scivolerebbero via eliminate dalla sudorazione"; "Quindi lei sta, in un certo modo, barattando la speranza di eterna giovinezza con il completamento della pratica erotica della fellatio?" "Non necessariamente signora, questo lo deduce lei perché è maliziosa, potrebbe anche farselo versare in un bicchiere ed ingerirlo a parte o miscelarlo con un'altra bevanda in modo da trascurarne il sapore, potrebbe farlo anche in una sessione secondaria che non necessariamente si colleghi alla pratica sessuale, basta che abbia lo scrupolo di congelarlo onde evitare di disperdere le sue proprietà di conservazione della freschezza tipicamente giovanile dell'epidermide" "...Che, in sostanza, cosa farebbero?..." "Glielo ripeto, permettono la continua produzione di collagene, mantenedo l'elasticità della pelle in difesa alle contrazioni muscolari e quindi arrestando il progressivo invecchiamento delle cellule" "Parliamo quindi di miracolo del seme maschile, di scoperta sensazionale o cos'altro?" "nella scienza non si può parlare di miracoli ma la scoperta che la medicina per curare l'invecchiamento e la morte delle nostre cellule, sia da ricercare proprio nella sostanza  che dà la vita ha qualcosa quasi.....come dire.....di poetico! non trova?!" e un sorriso viscido gli si dipinse sul viso mentre con occhio fugace, curiosava nella longilinea fessura scura lasciata incustodita tra le cosce della sua interlocutrice, vestita con un abito rosso che terminava in una gonna molto corta, poco al di sotto dell'inguine, mostrando generosamente le grazie (in salsa di calza trasparente dai riflessi rosa) della giovane donna. "Questo o è un pazzo o un furbo" disse David accendendosi una sigaretta mentre Annabelle lo stringeva con le braccia attorno al collo, coricando la sua testa sul petto del compagno. "E se avesse ragione?" disse lei, "Sì per me infatti ha ragione, dovresti provare subito, io non ti voglio mica vedere invecchiare!!" "...sei uno scemo! ..." rispose lei ridendo. David cambiò poi canale per vedersi la partita di baseball, non dando molto credito a ciò che aveva appena udito. Annabelle continuò a tenere la testa china sul suo petto, in silenzio, mentre pensava tra sé a quella strana intervista  e a quel buffo scienziato di nome Ludwig. "E' solo un povero frustrato che si inventa queste boiate alla ricerca di visibilità, chi lo considererebbe altrimenti?" pensò nel silenzio dei suoi segreti pensieri "...magari dato che è anche brutto e gracile, cerca con queste sue teorie raccapriccianti di ottenere attenzioni femminili di cui non ha certo beneficiato in vita". Ad un tratto squillò il telefono. "Porca troia!" sbottò David "tesoro, per piacere, puoi andare tu?.... devono sempre disturbarmi quando c'è la partita, stasera poi giocano gli Yankees" "....va bene, va bene, vado io....". La sentì poi ridere quando alzò la cornetta e dire "sì, certo che l'ho sentito quel pazzo!" ma non ci fece molto caso, immerso com'era nella visione degli spalti gremiti di tifosi dei mitici Yankees. Era Mel, la sua amica del cuore. L'aveva chiamata per parlare di Ludwig, ovviamente. "Ma lo hai sentito quel folle....?" "Si si che l'ho sentito, dai è un ciarlatano, chi cazzo è questo Ludwig? ...  non si conosceva  prima....". David aprì la bottiglia di birra ormai divenuta calda, lo sguardo fisso sullo schermo, udiva la voce della compagna, ne scandiva e comprendeva le parole ma senza badarci, un po' come si fa nello stato di dormiveglia in cui si percepiscono suoni del mondo esterno ma senza la voglia di assecondarli, preferendo rimanere accovacciati nell'ozio delle fantasie oniriche. La telefonata fu più lunga di quello che si sarebbe aspettato, intuendo la banalità dell'argomento trattato, del resto, non si parlava d'altro che delle audaci teorie di Ludwig. David voltò, per la prima volta dall'inizio della partita, lo sguardo verso Annabelle, la vide ancora attaccata alla cornetta che parlava, ma meno rumorosamente di prima. Rivolse allora la propria attenzione nuovamente al televisore. Poi Annabelle si avvicinò, gli sbottonò i pantaloni e gli estrasse il membro. David avrebbe voluto fermarla ma lei, senza proferire parola, abbassò la testa e cominciò avidamente ad ingurgitarne la virilità e la robustezza erettile. Lo stimolò oscillando la testa velocemente, una volta intrappolato il pene nelle sue calde e umide fauci, mentre la lingua roteava sulla sua punta come spinta da una forza ugualmente provocatoria ed altrettanto abile, ma del tutto indipendente dal sincronismo degli altri movimenti, quasi fossero più menti a generarne il moto insieme, più donne ad operare nella cacofonia del peccato ludico e tutto per un solo scopo: ottenere il liquido magico di cui parlava Ludwig. La sinergia di queste efficaci pratiche, conosciute nell'immaginario dell'universo femminile, portò la mente del compagno ad uno stato semi-incosciente di piacere che esplose rapidamente in un orgasmo copioso. Perforate le labbra della porca, lo sperma così generato non si lasciò sostare nella prima cavità che l'accoglieva, ed il cui lavorìo ne aveva provocato l'uscita, ma venne immediatamente rigettato nel buio del tunnel dell'esofago, pratica che da quando erano fidanzati, Annabelle non aveva mai svolto fino a quel momento. David gettò la testa indietro appoggiandola sul cuscino (la partita ormai era dimenticata) "grazie.... Ludwig!!!!" pensò.
Nel periodo successivo, Annabelle, cambiò. Era spesso al telefono con Mel, si raccontavano le rispettive facezie e l'attività sessuale della coppia si allineò in una innumerevole continuità di rapporti orali a beneficio di David, pur a discapito della penetrazione vaginale, cosa di cui però quest'ultimo non si lamentò più del dovuto. "Cosa c'è in fondo di più squisito dell'atto in cui la donna prende nutrimento dal seme dell'uomo?" pensò senza rendere partecipe la compagna dei suoi segreti pensieri. "Anche Ludwig sostiene che la fellatio sia la massima forma di piacere per un uomo, sia a livello fisico-biologico poiché l'assenza di movimento nel corpo maschile determina una minor dispersione di sangue nell'organismo con conseguente maggiore afflusso di questo nel pene e quindi un indubbio maggior piacere, sia sotto il profilo strettamente psicologico, da cui il sesso in larga parte dipende,  poiché la donna sazia la sua sete di estetismo esclusivamente con il culmine del piacere del maschio, e lo stesso atto di prenderle la testa e accompagnarla nel movimento oscillatorio lungo l'asta, rappresenta  simbolicamente l'atto di dominazione assoluta dell'uomo in cui, con il potere della mano, afferra il cervello della donna per omaggiarlo unicamente a sé stesso, dedicandolo  all'atto che fa godere solo lui". "L'assolutismo del piacere maschile!" pensarono orgogliosamente molti uomini, "Squallida parodia del sessismo maschile contro la donna" gridarono indignate le femministe, in protesta di fronte all'ambulatorio medico di Ludwig. "Il raggiungimento della giovinezza e quindi della felicità eterna" si rassicuravano molte altre nella segretezza della loro intimità con i propri compagni, deviata dalla proliferazione naturale dedita al concepimento verso una sterile ricerca della vanità esteriore che, nell'assecondare perennemente l'uomo, creava un equilibrio di intenti, tale da affermarsi indisturbato nella dinamica sociale dei rapporti. "Atto pericoloso di cannibalismo che sposta il desiderio dei coniugi dal concepimento finale come unione indissolubile e vivente dell'unione amorosa al baratro di rapporti protesi solo al rispettivo peccato" tuonò la Chiesa. Nei mesi successivi a quel primo rapporto orale terminato nella voragine delle sue fauci, Annabelle cominciò a sentirsi strana. Si percepiva più pesante, aveva sempre maggiori difficoltà nel defecare e quando vi riusciva, aveva come la sensazione che lo svuotamento intestinale non fosse mai completo. La cosa più inquietante era un enorme bozzolo che le si stava formando nella parte bassa del ventre e che cominciava a spingere anche nella schiena, poco sopra l'altezza dell'osso sacro. "Devi farti vedere immediatamente da un dottore!" le disse David ma lei lo convinse che la cosa migliore sarebbe stata contattare lo stesso Ludwig. Anche Mel aveva manifestato gli stessi disturbi e decisero di cercare il contatto dello scienziato che aveva così radicalmente modificato la loro vita sessuale, privandole del loro stesso piacere oltre che era probabilmente lui stesso il responsabile di quei nuovi malanni. "Dovete raggiungermi nel mio studio, subito!!" aveva risposto Ludwig. Quando si trovarono nell'ambulatorio, lo scienziato le intubò entrambe in un lungo marchingegno rumoroso che ne fotografò impietosamente le interiora. "E' accaduto ciò che temevo, non siete le prime a cui è capitato!..." disse con un lungo sospiro Ludwig. La diagnosi fu drastica "Siete state fecondate!" "Che diavolo sta dicendo?" aveva gridato Mel "Come posso essere incinta se, per colpa delle sue idiozie, io e mio marito non abbiamo un rapporto completo da tempo immemore?!" "Ma voi avete avuto un rapporto completo!" aveva risposto Ludwig "...Solo che ha soddisfatto solo lui!" "si spieghi meglio dottore..." interruppe David "La dispersione degli spermatozoi ingeriti nell'apparato digerente e la loro eliminazione nell'intestino può purtroppo, anche se in rari casi, non essere completa" "Che significa che può non essere completa?" domandò David. Ludwig fece un sospiro, apparve come imbarazzato, guardò lo schermo del suo computer, poi rivolse nuovamente lo sguardo verso i suoi interlocutori, ma fissando gli occhi dell'ultimo che aveva parlato. "Significa che generalmente lo sperma eliminato, ossia quello che non viene assorbito dall'organismo, lo si evacua con l'intestino, eliminandolo con le feci ma, in rari casi, che non potevo prevedere, viene fecondato da cellule intestinali che fungono da....come dire....da ovuli, pronti per concepire una nuova vita!" "Che diavolo vuol dire, si spieghi meglio.." proruppe Mel "Sto dicendo che dalla risonanza magnetica che ho appena fatto sia a lei che alla signora ...." "...Annabelle" disse corrucciata la donna "...Risulta che un essere sta nascendo dentro di voi!!" "Non è possibile, lei sta scherzando spero bene!!" disse Mel. "Solo io posso rimuoverlo o meglio.... farlo nascere, darlo alla luce, sarà un piccolo umanoide, ma questo processo di defecazione del nascituro potrà avvenire solo con un delicato taglio cesareo che solo io posso attuare ma ormai è indispensabile!!".  Alla domanda di tutti i presenti su come ciò fosse possibile, il medico rispose "I fattori che hanno portato a questa ...." si fermò un attimo deglutendo una palla di saliva che tradiva l'imbarazzo ma grazie alla quale ebbe il tempo di trovare le parole giuste "...a questo grottesco concepimento dato da un nuovo apparato riproduttivo ancora in forma solo primitiva, quindi caratterizzato da sacchi amniotici intestinali capaci di contenere il feto solo fino al terzo o quarto mese, sono forse da addebitarsi a modifiche del nostro dna, del nostro apparato riproduttivo operato dall'intensa quantità di radiazioni a cui il nostro organismo viene pedissequamente esposto, dall'inquinamento dell'aria, dai pesticidi assunti con i cibi, specie frutta o verdura o anche diserbanti o comuni conservanti, sempre più letali, utilizzati dall'industria alimentare per la conservazione a lungo raggio dei cibi ma queste sono solo ipotesi, io mi sono occupato solo di garantire eterna giovinezza delle cellule staminali con un metodo naturale ma non potevo prevedere questo effetto collaterale!".
La società fuori nel frattempo stava cambiando, i casi diagnosticati come rari in Annabelle e Mel, in realtà si verificarono su altre decine di donne che si precipitarono nell'ambulatorio medico di Ludwig per eseguire una sorta di aborto dell'essere informe che portavano nell'intestino. Quando l'eliminazione del corpo estraneo dall'intestino non era più possibile senza esportare necessariamente anche parti vitali dell'organo che lo ospitava, come nel caso di Annabelle e Mel, forse a causa delle attese troppo lunghe, si procedeva ad un taglio cesareo solo al fine di favorire il parto del nascituro dall'ano, cosa non facile data la sua minore elasticità rispetto al cavo vaginale. Gli esseri che nascevano erano molto più piccoli, avevano la testa della forma di una piccola noce e un corpo non più lungo del palmo di una mano. Ludwig dovette poi fuggire dal suo ambulatorio e chiuderlo dai numerosi assalti dopo che un mandato di cattura internazionale ne decretò l'arresto per abuso della professione medica. La Chiesa, i giornali tuonarono per l'arresto di Ludwig visto come un criminale dell'umanità, mentre esseri deformi erano stati partoriti nel suo studio e chi non era riuscita a farsi operare dallo scienziato in tempo, era perita sotto atroci dolori, uccidendo anche l'essere intestinale che portava in "grembo". Ora bisognava nascondere Ludwig e gli esseri deformi nati col suo sistema, dalla psicosi generale. Fu un sacerdote, di nome Stuart, un amico di vecchia data di Ludwig, un suo compagno al collegio in tenera età prima che le strade dei due si separassero per direzioni diametralmente opposte, ad offrire aiuto e ospitalità a Ludwig, Annabelle, David, Mel, suo marito Steve e altre decine di coppie con i loro figli deformi nella casa colonica antistante la chiesa in cui teneva messa. Offrì loro cibo col denaro proveniente dalle offerte parrocchiali. Vide con i suoi stessi occhi la crescita degli esseri deformi fino a raggiungere la lunghezza di mezzo metro. Notò che non riuscivano ad ergersi in piedi ma strisciavano come lucertole per terra, non apprendevano il linguaggio pur circondati dall'amore incondizionato delle loro madri, e si nutrivano di qualsiasi alimento, compresa carta gettata distrattamente per terra o rifiuti di qualsiasi genere senza ammalarsi poiché, spiegò poi Ludwig, il loro sistema immunitario si era esso stesso rafforzato nascendo dalle viscere della tossicità fecale che aveva funto da vaccino a qualsiasi germe. Un giorno mentre Stuart teneva messa continuando la sua apparentemente normale vita di interprete della parola di Dio, un essere fecale sparì dal controllo dei genitori, uscendo dalla casa colonica in cui erano reclusi, entrando in chiesa, strisciando tra le sedie fino ad arrampicarsi come ragni sulle pareti della sagrestia visibile al pubblico. Il panico fu generale, alcune anziane svennero dopo essersi fatte il segno della croce, altri scapparono disordinatamente dalla chiesa camminando sulle teste di chi, nella furia dell'evasione di massa, era precipitato dalla scalinata antecedente all'edificio. Nel tentativo di svignarsela dall'arresto della polizia, Ludwig scappò nella Chiesa, abbracciò il compagno Stuart, lo ringraziò per l'esilio offerto, lo baciò sulle guance e fuggì verso l'ala destra dell'edificio onde non farsi notare nell'ingresso principale della navata centrale. Ruppe poi una vetrata gotica lanciandovi un leggio contro. Tentò poi di arrampicarsi nel muro per raggiungere il vuoto del vetro rotto ma quando arrivò alla sua altezza, un enorme vetro che era rimasto appeso dall'alto amputato dopo la sua rottura, gli scivolò come ghigliottina sul collo e gli tagliò di netto la testa.
"Il più innovativo scienziato di tutti i tempi, l'uomo che, senza ogni scrupolo, si occupò di magnificare la vanità umana dando vita a mostri di bruttezza luciferina, non figli dell'amore, ma del desiderio di eterna e immodesta ostentazione, è morto nella casa di Dio, punito per ciò che ha fatto all'umanità, il Diavolo è stato sconfitto" recitava il titolo di testa di un giornale stretto, fino ad accartocciarlo, dalla mano di David mentre con l'altra stringeva Annabelle col braccio proteso dietro le sue spalle. "Ti amo David!" disse la sua compagna mentre guardavano giocare con i rifiuti lasciati a fianco di un bidone, un essere alto mezzo metro con la testa a forma di noce e senza mani né piedi.


Emmanuel Menchetti.

sabato 18 novembre 2017

Spesso i nostri sensi non percepiscono la realtà oggettiva ma la interpretano, influenzati dall'immaginazione, e così facendo ne creano una nuova, soggettiva, e che la nostra memoria colloca su quel determinato contesto oggettivo ma che rimane invece solo una nostra creazione. Tutto ciò che è psicologico è aleatorio, e può quindi essere modificato da uno stato d'animo contrastante. Basta alterare l'umore. Cambierà la forma della visione e quindi l'oggetto della nostra osservazione.

Emmanuel Menchetti.

domenica 29 ottobre 2017

L'immaginazione, da cui proviene l'intuizione che conduce alla comprensione della realtà sensibile, non prescinde dall'esperienza sensoriale, poiché geneticamente ci vengono ereditati gli strumenti cognitivi, ma non la stessa conoscenza, che dell'esperienza necessita. Intelligenza senza esperienza sarebbe come una scatola vuota, il cui peso gravitazionale nella rotazione dei corpi, si limiterebbe alla sottigliezza impercettibile del solo imballo. Le metodiche di analisi e di reazione comportamentale sono invece soggettive, uniche e innate (per quanto anch'esse frutto di una evoluzione genetica dell'intelletto, sempre più sollecitato dalle crescenti sfide cognitive dell'umanità), per cui la stessa esperienza vissuta da due soggetti, genera necessariamente due rielaborazioni distinte e quindi due risposte diverse. Ne deriva che non è "l'occasione a rendere l'uomo ladro" ma è l'uomo ladro a divenire empiricamente consapevole di essere già tale, grazie alla possibilità. Ciò conduce al fatto che la conoscenza della realtà sensibile non prescinde dalla realtà sensibile medesima. Il modo di comprenderla e reinterpretarla muta in base alla soggettività, per cui malvagità ed empatia (che sono solo differenti condizioni dell'egoismo) non sono tali in assoluto solo per il tramutarsi oggettivamente in azioni rispettivamente dannose e generose, ma sono tali già per il fatto di esistere nel pensiero, prova ne è che il loro eventuale contenimento allo stadio solo immaginativo (per paura o convenienza), determina violenza e frustrazione sul proprio essere per cui, pur nello stadio solo potenziale, sono fonti insopprimibili di tentazione. Malvagità ed empatia sono in realtà solo due facce ontologicamente soggettive dell'unica legge che regola universalmente l'individuo nella difesa dalle minacce del cosmo, ossia l'egoismo, la ricerca del proprio benessere, l'atomo imprescindibile, indivisibile e sempre pari a sé stesso di ogni materia dotata di facoltà intellettive. Soggetti geneticamente "malvagi" saranno condotti dall'istinto egoistico di sopravvivenza verso azioni dannose, mentre soggetti empatici verso la generosità, ma sarà solo la loro soggettiva rielaborazione della realtà, a rendere conveniente e funzionale al proprio egoismo, talvolta l'uno o l'altro comportamento. Di qui la secondarietà dell'azione, (per la sua mancante dimensione ontologica) rispetto al pensiero, indivisibilmente egoista, e unico motore, quest'ultimo, dell'intero cosmo.

Emmanuel Menchetti.

mercoledì 13 settembre 2017

  1. Non deve stupirci l’idea che la materia e l’universo siano SEMPRE esistiti a tal punto da immaginare un Dio che scioccamente si autocrei (o per il quale esclusivamente ed incoerentemente invece il concetto di infinità del tempo dovrebbe sussistere). Il tempo è sempre esistito, quindi anche lo spazio. E’ solo la nostra mente, il cui linguaggio è schiavo dei limiti temporali del nostro corpo, incapace di astenersi saggiamente dal conferire necessariamente un inizio e una fine a tutto.

sabato 2 settembre 2017

PROWLERS - "FREAK PARADE" (2016)








Sin dalle note introduttive del primo brano "Golden Bricks" per poi proseguire con "Fantastic Fanatic",  si "respira" l'odore di una cantina in cui si sono consumati vinili di hard rock settantiano, primissima New Wave of British Heavy Metal, insomma in cui si è respirato il rock, quello vero; si denota tutto l'amore di questo combo pesarese per le sonorità che hanno fatto la storia di tutta quella musica che ha giocato (come un dignitoso bastian contrario)  da contraltare più aggressivo e colto al pop maggioritario altrimenti smielato e lecchino (di quello che invece strizzava spesso l'occhio alle vendite dietro pegno di ballad sgonfie di tono ma che si concretizzassero in emozioni più rapidamente codificabili dalla massa) per inseguire invece una passione più sanguigna, più selvaggia, fatta sì di chitarre rocciose ma senza per questo rinunciare alla melodia, ma anzi sublimandola, sia nelle linee chitarristiche, molto orecchiabili, immediate e stupendamente vintage nelle sonorità, che in quelle vocali, efficaci  e ben realizzate, che nei motivi  tastieristici, mai banali né limitati al solo accompagnamento, ma sempre attenti a ritagliarsi un ruolo comunque di primo piano nel tessuto armonico che complessivamente giunge all'ascoltatore. Il riff iniziale invece di "Turtle Man" ci ricorda i tempi più brillanti, ma in parte anche le avventure recenti più riuscite, degli Iron Maiden, ossia di quella band (e lo si evince anche dal nome stesso del gruppo in questione) che forse ha maggiormente giocato un ruolo di primo piano nel magico e talvolta costruttivo influsso genetico, non necessariamente spregevolmente clonistico, che è l'ispirazione e l'influenza musicale. Il brano poi però recupera prontamente il proprio binario dell'originalità che contraddistingue il quintetto, verso un proprio traguardo meritevole di attenzione. Se ci si lascia cullare invece dalle note di "Joseph Merrick" si entra in una dimensione mentale che ci trasporta in un viaggio nel tempo scostante dalla realtà attuale, in cui ci si dimentica di vivere questo altrimenti tedioso 2017, in cui guardando gli oggetti attorno, seppur familiari, ci si potrebbe convincere di vivere negli anni '70, oppure, in una lettura maggiormente onirica, di percorrere una strada diritta all'infinito, con negli occhi l'immagine di un orizzonte inarrivabile che si staglia plumbeo nella polvere di un deserto del sud del Texas. Il disco prosegue senza grossi cali di tensione fino al brano, secondo me, meglio riuscito del disco: "Fighting All Again", un incipit efficace quasi alla Ac/dc ma subito completato da tastiere di supporto accattivanti che aprono il suono verso una dimensione più areata e meno rarefatta, e linee vocali molto curate e definite, di grande impatto. Una maggiormente purpleiana "Not By My Side" irrompe subito dopo a farsi ricordare tra i momenti migliori del platter, riportandoci a quel rock ispirato dalla musica classica ma anche dal blues che tanto educò la formazione di Jon Lord e soci. Da ultimo, come nelle migliori opere che si rispettino, un outro qui dal sapore vagamente medievale, ma anche dal colore esotico-bizantino, ci lascia con le sue splendide note acustiche, gradualmente verso il silenzio di una fine che pone l'ultimo sigillo su di un lavoro davvero lodevole, ispirato ed emozionante.

VOTO: 8

Emmanuel Gravier Menchetti.

sabato 4 febbraio 2017

IL SUADENTE SENSO DEL CONTROSENSO (nuovo racconto ...)

Nulla è più affascinante, attraente, pacatamente indesiderabile ma, proprio per questo, eternamente avvenente, come il contrario della logica. Quanto scialbo e insipido è il consueto, l'usuale, ciò che mantiene la propria forma indissolubilmente, pur di fronte ai continui mutamenti del cosmo. La stessa terra trema, le croste si muovono innalzando montagne, creando nuovi dirupi, distribuendo inaspettate pendenze, nell'eterna rotazione terrestre che mai troverà fine nel nulla del cosmo e per qual motivo allora la mente umana, reclusa nell'infinitesima galassia asservita alla vastità incalcolabile dell'universo, dovrebbe comportarsi in modo stabile ed immutato, se tutto attorno a noi si muove? Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma e le nuove vite nascono dalla morte delle preesistenti, la fine delle relazioni dal dinamismo dei sentimenti e dei riguardi reciproci, la fragranza della novità si genera dallo sperma stantio del tedio, che ci guida verso il cambiamento della rotta di una nave che è la fragile esistenza umana, nella perpetua burrasca dell'ambiente circostante. Quale imbarcazione potrebbe assurgere alla folle utopia di rimanere immobile in una tempesta in mare? I sentimenti umani sono talmente teneri, moralmente ineccepibili, formalmente squisiti, che meriterebbero di sopravvivere nell'eterna immobilità, pur di fronte al passaggio del tempo e all'incedere delle malattie e della decrepitezza senile. Ciò che invece ne scuote il sentore sino a farlo vibrare dal fulcro dell'essenza, gettandone la sindone della fine sul primigenio abbaglio, è l'incoerenza della mente umana, che fa danzare il suo gioco di colori nel corso della vita, seguendo una rotta che somiglia a quel mistero così antitetico dal consueto, prostrando inevitabilmente l'innamorato al cospetto dell'abbandono, e le effusioni ai ricordi. Il magma dell'inconscio, che si riappropria del caos nel fulcro della terra, restituisce vivacità ai comportamenti umani, asservendoli al fascino suadente ma lascivo dell'imprevisto e del contrapposto, nel quale taglio di confine e rottura, il desiderio si infiamma poiché sono le nostre stesse emozioni a bramare il contrasto, l'auspicabile piacere della tragedia, del disastro, del lutto incontrastabile che pone fine all'inesorabile tedio della circostanza. Qual piacere nel rompere tutto ciò che nella vita abbiamo costruito, per la quale ci siamo sacrificati; quale appagamento nel demolire ciò che a noi sta proprio più a cuore, nell'allontanare il bello che più ci piace, il sogno più desiderabile ed ucciderlo proprio in quanto tale. Che sottile godimento nell'affondare il piacere che più ci appagava per rincominciare un nuovo percorso, come in una eterna sfida con noi stessi, nel caotico ed informe disordine del cosmo, in cui nulla ha un inizio né fine. Tanto più auspico tranquillità e limpidezza di aspettative, tanto più getto la mia vita nel sottile e trasgressivo tremore orgasmico del disordine di una babele inconfessabilmente attraente. Sino a ieri avevo un lavoro, un impiego stabile, in cui mi sono costruito una posizione di rispetto nell'organigramma aziendale, raggiungendo vette suscettibili di fiducia e stima da parte dei miei superiori che mi sottrassero alla disperazione della disoccupazione cronica e della povertà senza dignità. Raggiunsi quegli auspicati traguardi inaspettati con onestà e fatica, lungi dall'arrivismo, ma con la paziente compartecipazione e la costante dedizione al lavoro impiegatizio del servo più  diligente. Oggi che potevo cominciare a cogliere i frutti di tutti questi sacrifici, ho deciso di abbandonarmi alla segreta gioia dell'annientamento, dell'annichilimento totale da cui è partita la graduale tragedia della fine della mia stessa vita. Mentre il mio superiore mi dettava una lettera da dattilografare al suo miglior cliente, io sentii, per la prima volta, il desiderio incontrollabile di modificare il dettato ricevuto, scrivendo scemenze nella missiva. Fui sconvolto dalla novità di quelle sensazioni e non decisi deliberatamente di dare loro vita, furono loro a rapire il mio controllo e a tessere le nuove trame del mio destino. Fu così che, in preda ad una risata isterica che non riuscivo a trattenere, pur non celando preoccupazione di fronte a ciò che stava in me succedendo, sogghignai al mio superiore, proprio allo stesso uomo che mi aveva salvato dall'incipiente precarietà lavorativa dei mei preesistenti impieghi saltuari, e lo feci scaraventando la macchina da scrivere per terra. In preda poi ad una sghignazzata diabolica e irresistibile, non riuscii a contenermi dal dirgli di andare a farsi fottere senza un motivo, per il solo piacere che doveva fottersi ed andarsene. Quando osservai poi la lettera di licenziamento che mi fu recapitata sotto agli occhi il mattino seguente, accartocciandola con la forza della disperazione, capii che quelle parole mi erano state dettate dal Diavolo in persona, non potevano essere mie, fatta salva l'unica remota ipotesi in cui la mia mente si fosse gettata da sola, incomprensibilmente, nella pazzia più dissennata. Crollai in un pianto isterico, promettendomi di rimettere al più presto ordine a ciò che io stesso avevo distrutto, cominciando dalla mia mente, ormai, con evidenza, giunta ad un piano di malaugurato degrado. Poi mia moglie entrò nella stanza e mi abbracciò, la mia altra metà psichica che avevo sempre amato in vita sin dalla tenera età e con la quale avevo seminato imperterrito un rapporto sublime e auspicabile, nella perpetua inconsistenza dei fallimenti umani, e la donna alla quale avevo appena raccontato, mentendo, di aver subito un licenziamento ingiusto e immotivato. A quella amorevole stretta tra le sue braccia, alle sue carezzevoli lacrime che infradiciavano pure il mio viso, in cui espletava tutto il suo compiacimento al mio dolore e tutta la sua mortificazione  conseguente alla tragedia dell'incompreso e inaspettato, sentii ad un tratto il desiderio irresistibile di sottrarmi. Cominciai allora a deriderla, accusandola di aver creduto ad una balla che le avevo detto. Non riuscii a trattenermi dalla demoniaca tentazione di confessarle la reale dinamica dell'evento miserabile che aveva portato al mio licenziamento, e lo feci senza riuscire a vincere quello stesso appetito nefasto. Fu allora che le raccontai la verità di quello che era successo e quando la vidi impietrita, teneramente sgomenta di fronte alle mie incompatibili confessioni, mi misi a ridere come un pazzo maledicendola e urlandole che era solo una sciagurata meretrice opportunista, che mi aveva sposato solo perché il mio lavoro stabile e ben remunerato le avrebbe garantito la sicurezza economica per una prole che, fortunatamente, sino a quel momento non era stata ancora concepita. Le dissi, insomma, esattamente ciò che sapevo non essere vero, perché mai nessuna donna mi amò di un amore puro quale quello che provava la stessa persona che ora stavo insultando. Sapevo che mi aveva amato sin da quando ero un collegiale scapestrato, dedito solo allo spasso e all'ozio, per poi starmi ancora vicino quando disperavo per la mia disoccupazione ormai cronicizzata, tra un impiego precario e l'altro. Sapevo benissimo che non meritava questo trattamento ma mi resi conto che ciò era esattamente l'unico vero motivo per cui l'avevo invece messo in atto. Quando il prete della mia parrocchia, quell'uomo così sempre cordiale, amorevole verso il prossimo, costantemente generoso di quella squisita filantropia verso i meno abbienti e bisognosi, venne a sapere del divorzio che aveva così macchiato la mia vita sentimentale, suonò a quella che ormai non era più la mia porta ma solo l'ingresso della casa di mia suocera a me divenuta improvvisamente estranea, e dalla quale dovevo andarmene al più presto. Lo feci entrare, lo pregai di accomodarsi, gli servii un caffè. Lo guardai poi dritto negli occhi e gli raccontai la verità. Gli dissi che il Demonio mi aveva rapito, deteneva le redini delle mie scelte, delle mie emozioni, facendomi demolire tutto ciò a cui più tenevo. Quell'uomo così nobile d'animo e compassionevole, mi disse che il Diavolo era la tentazione e dovevo farmi aiutare da lui a scacciarlo, dovevo pregare e riavvicinarmi a Dio per ritrovare la strada della salvezza e ritornare ad avere il controllo delle mie azioni. Non mi parlò di pazzia ma solo di lotta tra bene e male, tra il Dio creatore e il suo angelo ribelle, il quale assoldava altre anime eversive e ingannevoli, in una lotta contro l'armonia del creato, trascinandole segretamente in un processo di dissoluzione che avrebbe portato alla solitudine e alla morte, come per vendicarsi  sulle stesse creature divine, arrecando loro il medesimo stato di abbandono in cui Dio lo aveva gettato. Io ad un tratto scoppiai in una risata fragorosa e gli urlai che era un emerito idiota. Scoprii quello stesso giorno i contorni del suo viso quando era deluso e orrendamente reso impotente. Mi inorgoglii segretamente di me stesso, al pensiero che ero riuscito a gettare un'ombra di malessere e rassegnazione in un animo così sempre ottimista e benevolo verso gli altri, così affamato di gioia e benessere. Mi imbarazzai di fronte all'autocompiacimento di aver gettato un velo di disperazione su quel volto così sempre fottutamente gioioso e contento. Per qual motivo doveva sempre illudersi di avere la chiave in mano per la cura di tutti i mali e per il raggiungimento della felicità, se poi questa era una condizione così chiaramente e barbaramente negata all'uomo?

... Stavo morendo di fame, seduto al freddo, mentre chiedevo la carità  per strada e nessuno più mi dava neppure un centesimo dopo che nel  mio villaggio, gira la voce che io sia un posseduto dal Demonio. Un'anziana signora però, con aria tenera, mi ha messo la sua mano ossuta sulla spalla ricurva dal peso del cordoglio, e mi ha sussurrato che se volevo un pasto caldo, potevo andare a casa sua e che se ne fregava delle dicerie della gente: "un umano sofferente si aiuta sempre" mi ha rassicurato. Questo è successo ieri. Quanto era carezzevole quella piccola vecchietta, quanta pietà nella sua voce e compassione nelle sue parole, quale tenerezza nel suo gesto.

Quale piacere irresistibile nel risponderle poi che non volevo essere ospitato nella casa di una vecchia puttana, utilizzando, per sfamarmi, le stesse posate infettate da una bocca che ha succhiato falli per più di settant'anni. Quanto mi sono divertito nel vedere il suo sguardo inorridito, mentre si metteva una mano sul cuore, in preda ad un infarto. Non chiamai aiuto e la lasciai morire davanti a me e di questo ora ne sono fiero, anche se ormai, nella cella in cui mi hanno rinchiuso, i crampi dello stomaco mi stanno torturando per la fame, poiché rifiuto pur il cibo dagli inservienti del penitenziario, insultandoli veemente con lo stesso perverso appagamento, ormai a me tristemente noto. La mia conseguente debolezza mi sta quindi trascinando via dalla vita, lasciando ai posteri solo questa confessione che, so già, rimarrà incompresa alle fragili e ridicole menti così convintamente avverse all'assurdo, ma sarà l'ultima inesplicabile spiegazione dei gesti che mi hanno condotto alla mia morente condizione.

Damien.


Emmanuel Gravier Menchetti.

sabato 28 gennaio 2017

RITRATTO DI DONNA (nuovo racconto ...)

Le luci della sala illuminavano i presenti, con la chiarezza di chi vuole scoprire una verità celata nei meandri dei sottoscala delle menti umane, mascherate di civiltà, ma che si muovono nell'ombra della perversione e danzano, suadenti, nella nera veste del disordine scapestrato e della viltà dell'onanismo più eccentrico. Le lampade del tribunale erano lì, come soldatesse chiamate ad abbagliare una verità estorta con il ricatto del supplizio, della pena morale, con la quale ristabilire un ordine nel labirinto della società, in una scacchiera di convenzioni comportamentali, che compensassero la babele del caos chiamato a rappresentare invece la naturale dinamica del temperamento umano, lasciato correre libero nell'infinto spazio della propria individualità. Il sentimento dell'uomo, lasciato, in questa esistenza, all'abbandono dalle certezze sul senso della vita, di fronte all'unica evidenza del trapasso e alla fine irrinunciabile degli eventi, lascia che il corso dei medesimi sia guidato dalla sua sfera emotiva che, come l'inconscio, dirige le azioni in modo spesso contraddittorio ma puro,  purché  preda dei sensi e dei desii più reconditi. E' allora la disperazione a farci amare gli eventi della vita, le persone che incontriamo e persino i luoghi in cui si consumano i nostri amori, i gesti, i contesti, le cornici dei quadri, il ricordo fotografico degli ambienti e persino le date diventano per noi importanti al cospetto del termine ultimo di tutto. Quella stessa costernazione inconsolabile ci fa vivere con lo stile scapestrato  della mondanità più collerica, il tragitto della nostra sussistenza, macchiata di afflizione, il cui corso si perde nel mare delle lacrime, inabissando la sua orma. Come si può pretendere allora di giudicare le azioni umane di fronte ad una giuria di esseri che siano essi stessi umani? Quale giudizio dell'uomo su un altro uomo può sentenziare allora una condanna suffragata da un assioma sull'essere? Come si può ambire a giudicare il temperamento umano se le azioni sono dettate dagli attributi innati dell'essere che ci vengono conferiti, quindi senza colpa, all'atto della nascita che, per di più, neppure abbiamo chiesto? L'uomo che compie azioni malvagie in realtà non lo fa con la consapevolezza divina di fare del male, ma lo commette semplicemente per una legge di sopravvivenza che è il puro egoismo, il quale gli fa assurgere che il male sia a sé stesso più conveniente; se il bene fosse, per contro, più convenevole alla propria sopravvivenza, l'uomo commetterebbe certamente il bene, per cui l'umanità non ha scelto di violentare moralmente la consuetudine della correttezza e la pudicizia intellettuale, per una scelta dettata dall'amore per il male, ma non lo ha fatto che per un banale senso di pragmatismo, perché ha ritenuto rubare più efficiente del lavorare, stuprare più immediato del conquistare, uccidere più servibile del convivere con chi ci disturba. Se esistesse realmente un Dio che con la cognizione del tutto e alla luce del suo potere, scegliesse deliberatamente di abbandonare l'umanità alla miseria e al dolore, allora sarebbe quel Dio condannabile in eterno nella sua essenza quale reale malvagio. Quanta debolezza, quale lasciva tenerezza quindi suscita, alla luce di quanto detto, il verdetto di un tribunale umano, se quello stesso giudizio non può condannare l'essere in quanto tale, ma la sola azione, e al fragile fine solo di evitare che il perpetrarsi della medesima, arrechi danno alla libertà altrui, nel fragile meccanismo dell'ordine societario, mascherato di infima moralità. Condannate allora le azioni perché ad ogni offesa corrisponda una difesa e contestualmente una pena, ma non giudicate gli umani di fronte a Dio, poiché i cattivi hanno solo avuto la colpa di vedere il male altrui più conveniente al proprio bene, nel particolare contesto in cui hanno agito e non rispondono delle innate facoltà mentali che hanno fatto loro apparire il male solo quale strumento con cui più agevolmente raggiungere il relativo bene, nella comune legge dell'egoismo. Non voglio però dilungarmi ancora in questo cappello introduttivo, necessario però alla comprensione della sentenza, perché ho fretta di narrare il dialogo che avvenne, nel seguito di questo racconto, tra un giudice e un imputato.

Il volto dei presenti era illuminato nel silenzio della sala, reso immobile, come fosse vuoto, privo di atmosfera, tra gli sguardi inquisitori della Corte, mentre il giudice così parlò:
"Chi ha nascosto il cadavere di quella povera ragazza proprio nel ripostiglio in cui detiene arnesi e attrezzatura di varia natura che fanno capo proprio a lei?"
"Sono stato io signor giudice" - rispose l'imputato -
"Perché lo ha fatto?"
"Perché l'ho uccisa io e volevo nascondere il cadavere affinché non mi scoprissero"
"Perché l'ha uccisa?" - lo sguardo del giudice si fece più severo, inarcando le sopracciglia in modo austero;
l'imputato abbassò il volto alle proprie ginocchia, forse incapace di sostenere il peso di quegli occhi così antitetici ad una qualsiasi informe parvenza di perdono -
"Vede, signor giudice, io amavo quella giovine ragazza, la amavo più di me stesso, mi creda...."
"....per cui? ... continui, non si lasci tradire dall'emozione..."
".... la mia amata faceva la prostituta signor giudice, accoglieva i suoi clienti nella stessa stanza in cui l'ho uccisa e dopo averlo fatto, ho nascosto il suo cadavere"
"Si può quindi giustificare il suo gesto come la manifestazione di una ... gelosia?"
"Se vuole racchiudere sotto il manto protettivo di quella unica parola, la totalità delle emozioni che mi hanno portato a intarsiare nella mia mente, la programmazione di ciò che ho fatto sino all'audacia di commetterne concretamente il gesto, ... io le consentirò di definirlo così"
"le dinamiche con cui lei ha attuato il suo omicidio, non sono comuni, le vuole spiegare a me e alla giuria che ci ascolta...vedo... esterrefatta? mi perdoni imputato, ma la sua evidente disponibilità alla confessione, non può che essere usata, in questa sede, quale efficace mezzo al raggiungimento della sospirata verità..."
"Che cosa intende signor giudice per dinamiche non comuni?"
"L'autopsia ha disposto che la sua amata sia stata avvelenata con dell'arsenico bianco disciolto nell'acqua che quindi lei le ha fatto bere..."
"Avete disposto un'autopsia? .... ma siete pazzi?... avete rovinato il mio quadro? perché lo avete fatto se ora io sono proprio qui a confessarvi il mio delitto? lo sto facendo proprio per impedirvi di sezionare in modo barbaro un corpo così bello, maledetti macellai disordinati e perversi!" disse alzando improvvisamente la voce e battendo il pugno sul tavolo.
"Non si inalberi, lo avremmo fatto comunque, è la procedura che allontana comunque l'ipotesi della falsa confessione, ...della mitomania...lei mi capisce..."
"Procedure.... che sterile nome per dare un senso all'inutilità, dovevate lasciarla intatta così come io l'ho conservata, vi ho condotto io stesso per mano alla verità..."
"Il cadavere della ragazza è stato trovato dagli inquirenti..."
"Sì e non avreste mai dovuto scoprirlo, lei era così felice con me..."
"Che cosa intende? ... la ragazza era morta"
"Io l'ho solo salvata dal suo triste destino, come le dicevo faceva la prostituta, riuscii solo per un breve periodo a farla smettere ma purtroppo i soldi che guadagnavo con il mio umile stipendio di chirurgo  in un ospedale statale, non bastavano per mantenere i suoi vizi, come la cocaina, l'alcol, il gioco d'azzardo, i vestiti e tutto il lusso di cui si circondava e che, per sua debolezza intellettuale, non riusciva ad allontanare dal suo temperamento"
"Quindi l'ha uccisa per ... mi perdoni il termine ... purificarla ?!"
"Sì signor giudice, per purificarla dalla corruzione del tempo, ho voluto fermare questa dimensione che corre incessante, cambiando le persone sotto la lente delle loro esperienze, volevo lasciare tutto immutato, volevo che lei rimanesse giovane, inesperta, pura, intoccata da chi, comprandola, si avvalesse del diritto inopportuno di deflorare il suo corpo, ho voluto fermare il tempo signor giudice, ho voluto solo fermare il tempo dalla corruzione, dal disfacimento della vita sociale che, come un cancro che libera le sue metastasi, modifica le nostre cellule, corrompe i nostri umori, getta sindoni di disincanto sugli amori sbocciati, con l'entusiasmo tipico della natura, trascinando ogni singolo evento nel suo oblio. Il cosmo stesso è un meccanismo informe di caos e disordine assoluto, che vive della vita e della morte dei suoi singoli elementi. Io ho voluto dare un senso al singolo, alla vita di quella ragazza, arrestando il processo di disincanto che porta poi alla vecchiaia, alla depressione e alla morte. Io l'ho lasciata giovane"
"...ed è per questo che ha imbalsamato il cadavere?"
"Si.... non volevo si decomponesse, ma che rimanesse bella e fresca, è così giovane..... allora  le ho disinfettato la bocca, il naso, tutti gli orifizi e le ho iniettato un fluido di imbalsamazione che avevo preparato nella mia clinica, ho lasciato il suo corpo supino per tutto il tempo in cui il fluido attuò il suo effetto, massaggiando bene i tessuti per facilitarne la penetrazione omogeneamente in tutto il corpo e perché gli organi non si indurissero prima del suo defluire nei vasi sanguigni; poi ...." - e qui la voce si fece rotta dal pianto - " l'ho truccata e per darle un po' di colore alla pelle del viso, per toglierle quel pallore così triste tipico del trapasso, le ho dipinto la pelle con della pittura a olio, restituendole quella lucentezza vitale di quando mi amava; la pettinai ogni giorno e la profumai per restituirle la fragranza del suo fascino primigenio nonché al fine di coprire gli odori della decomposizione che il processo di imbalsamazione era riuscito solo a  rallentare"
"Perché ha fatto tutto questo?" - chiese il giudice nel silenzio imbarazzato della Corte -
"Perché la amo signor giudice, non posso accettare che lei cambi, che invecchi, che gli altri uomini la desiderino, la tocchino e che, con il tempo, lei si dimentichi di me; questa è la massima forma di amore che un essere umano può provare signori della Corte, non si ama per liberare le anime all'oblio, ma per legarle a se stessi, perché nasciamo egoisti, viviamo per perpetrare il nostro istinto di sopravvivenza, solo per non soffrire di privazione e di abbandono, non siamo crudeli, nessun uomo lo è stato, persino i dittatori più sanguinari hanno commesso azioni che non sono giustificabili, ma comprensibili perché mosse da un semplice ragionamento, volto a donare a loro stessi agiatezza o  tranquillità; si uccide per paura, o per avere qualcosa che ci faccia stare meglio, o per evitare cosa ci faccia star male. Se volete giudicarmi, rinchiudetemi pure in una cella buia per il resto della mia esistenza, ma non condannatemi davanti a Dio. Deliberate ciò che riterrete opportuno a proposito della mia essenza umana, che mi accomuna a voi e colpevolizzate quindi l'intera umanità se ciò soddisfa la vostra sete di vendetta e il peso della vostra bilancia, sentenziatemi di fronte alle leggi umane, ma non a quelle divine per cui sarò colpevole in questa vita ma l'unica mia imperizia sarà stata quella di nascere umano e l'aver amato da umano, ma non additatemi quale impudico in eterno e non condannate gli attributi che non ho chiesto di avere"
L'imputato si abbandonò ad un pianto isterico. Nel silenzio risuonava solo il suo respiro affannoso, rotto da spasmi di angoscia. Nella giuria qualcuno cercò di celare le sue lacrime allo sguardo altrui. Una guardia, dopo il cenno di mano del giudice, fece alzare l'imputato e lo accompagnò nella cella dove era stato preventivamente rinchiuso.

Un mese dopo, in seguito alla seduta della Camera di Consiglio, si emise il verdetto di colpevolezza per omicidio premeditato, accompagnato da una clausola che ordinava non la reclusione dell'accusato  nella cella di un ordinario penitenziario, ma bensì il ricovero in una clinica psichiatrica, finalizzato alla messa in opera di un graduale percorso di recupero del controllo nella propria emotività, e la ratio del provvedimento fu quella di isolare il soggetto, ritenuto straordinariamente sensibile alle dinamiche evolutive delle relazioni umane, dalla volgarità della violenza dei più comuni e beceri crimini umani.

Emmanuel Gravier Menchetti.