giovedì 12 marzo 2015

RECENSIONE CINEMATOGRAFICA: "LA CODA DELLO SORPIONE" - Sergio Martino (1971)



I maggiori pregi dell'Italia, oltre alla propria storia e all'arte degli ultimi 3 millenni, sono riscontrabili nella musica progressive e i film gialli ispirati alla simbologia animale entrambe degli anni '70, anni in cui nel nostro paese la creatività era nell'aria. Di tutto quello splendido movimento, così come gli Area, la P.f.m., il Banco, il Rovescio della Medaglia, i Metamorfosi erano i principali capostipiti del fermento musicale, Sergio Martino (appunto), Dario Argento, Lucio Fulci, Umberto Lenzi, Mario Bava erano le colonne portanti nella sponda cinefila e questo film, una delle più lucenti perle dell'epoca. La trama si snoda soave come il nodo di un'intensa ragnatela tra colpi di scena che si rincorrono in una suspance senza fine, l'interpretazione è magistrale in una pellicola senza tempo proprio perchè il culto della venalità criminale regnerà nella mente umana finchè umanità avrà vita su questa terra. Un'opera quindi immortale. Una bellezza che non conosce tramonto. Indissolubile come il genio che non invecchia di fronte alla balbuzie dei nuovi fronti cinematografici.


VOTO: 8,5

Emmanuel Menchetti.

AREA: "ARE(A)ZIONE" - Live (1975)





Gli Area sono l'esempio della tecnica magistrale al servizio della musica, dell'innovazione senza schemi, della genialità senza tempo, della fusione di cultura musicale che eredita le etnie arabesche, medio-orientali con il jazz-rock americano e il progressive inglese ma tutto fuso in uno stile unico e irripetibile e con quel tipico modo, quasi demenziale nello scrivere i testi ma tinto di ermetismo e lotta politica dal basso. In questo disco magistralmente immortalati nelle loro esibizioni live, tanto per dare un'idea della loro abilità e completa padronanza sugli strumenti nell'esecuzione dei loro stessi (impossibili) pezzi.

Voto: non c'è voto che può essere conferito a tutto ciò che è nuovo ed unico nella storia della musica, ogni voto è umano e quindi limitativo.


Emmanuel Menchetti

RECENSIONE CINEMATOGRAFICA: LA CASA CON LA SCALA NEL BUIO" - Lamberto Bava (1983)



Il connubio tra Lamberto Bava, Dario Argento e Michele Soavi nei magici anni '80 crea un'alchimia capace di proliferarsi a beneficio di tutti e tre i registi, fondendosi in uno stile unico che non ha eguali nella storia di questo genere di film. Le atmosfere, le riprese soggettive sugli angoli e gli oggetti, le musiche, la suspence ai massimi livelli, la trama intricata in un labirinto di tranelli che attirano lo spettatore verso sospetti fuorvianti riguardo alla figura dell'assassino, sono tutti aspetti magistralmente ereditati dal grande maestro di questo genere che è lo stesso Argento, con cui Lamberto ha collaborato nel film "Tenebre" dell'anno prima. Questo film ne sembra proprio una sua degna prosecuzione, l'atmosfera terrificante è la medesima, anche la villa in cui è girato il film sembra la stessa, una tipica villetta di periferia di architettura italiana degli anni '70, quadrata, spartana e con ampi spazi vuoti e poveri nell'arredamento, ma dove si possono annidare mostri assassini. Voto? 10 e lode, questo film è un must assoluto per gli adoratori del genere. Il resto è noia.