sabato 22 ottobre 2011

MIA RECENSIONE MUSICALE, UN TUFFO NEL PASSATO: COVEN - "WITCHCRAFT DESTROYS MINDS & REAP SOULS"

COVEN

WITCHCRAFT DESTROYS MINDS & REAP SOULS”

(1969)



CARI LETTORI, COMINCIO QUESTA RECENSIONE CON UNA NOTIZIA CHE FORSE VI SCONVOLGERA' E CAPOVOLGERA' IL FRAGILE EQUILIBRIO DI RIFERIMENTI SUI QUALI IL VOSTRO ANIMO ASSETATO D'EMOZIONI FORTI, SI E' ABBEVERATO NEL LUNGO PERCORSO DELLA VOSTRA CRESCITA CULTURALE (E EVENTUALMENTE PERSINO ARTISTICA) CHE ORGOGLIOSAMENTE DIFENDETE DAL CANCRO DELL'IGNORANZA CHE INGOIA INVECE LA SOCIETA'. IL PRINCIPIO DI TUTTI I MALI, LA PRIMA VENUTA DEL DEMONIO NEL MONDO DELLA MUSICA, LA PREMATURA POSSESSIONE DEI PENTAGRAMMI, LO SVERGINAMENTO DEL LINGUAGGIO DIABOLICO CON LA DIMENSIONE DEL SUONO, NON E' FALSAMENTE INIZIATA CON I BLACK SABBATH, COME MOLTI CIARLATANI CI HANNO FATTO CREDERE IN QUESTI 40 ANNI CHE CI SEPARANO ORMAI DAL LONTANO LORO OMONIMO ESORDIO DISCOGRAFICO. QUELLA FU UNA BURLA, CERTO UN DISCO EPOCALE, RIVOLUZIONARIO MA FALSO E POSERIZZATO PER QUANTO RIGUARDA LE TEMATICHE OCCULTE TRATTATE, CHE FURONO POMPOSAMENTE E IPOCRITAMENTE GONFIATE AD ARTE DALLA CASA DISCOGRAFICA ED ATTRIBUITE AD UN GRUPPO DI RAGAZZINI DI BIRMINGHAM CHE AVEVANO INVECE “SOLO” LA RESPONSABILITA' DI ESSERE NATI CON UN GRANDE TALENTO COME MUSICISTI ED INNOVATORI, TUTTO ESCLUSIVAMENTE PER MIETERE NUOVI FEDELI SULLA SCIA DEL SATANISMO E DEL FASCINO PER L'ESOTERISMO GOSSIPPARO E SENSAZIONALISTA CHE, NELL'ONDA DEL DOPO-WOODSTOCK, STAVA INVADENDO LE MENTI DROGATE DEI GIOVANI HIPPIE, SEMPRE PIU' ALLA RICERCA DI EMOZIONI FORTI E AL LIMITE CON IL CONFINE DEL GROTTESCO, OLTRE L'IMMORALITA', COERENTEMENTE CON LA COSTANTE RICERCA DI TRASGRESSIONE PER GIUNGERE ALL'ICONOCLASTIA DELLE RELIGIONI, SINO A QUEL MOMENTO, SEVERAMENTE E RIGIDAMENTE IMPOSTE NELLE FAMIGLIE AMERICANE E NON SOLO. L'INIZIO DEL MALE, QUELLO VERO, COMINCIO' INVECE PROPRIO UN ANNO PRIMA CON L'INCISIONE DI QUESTO DISCO (USCITO PERO' SOLO L'ANNO DOPO PER CUI ANCH'ESSO NEL 1970), OSSIA CON L'ESORDIO DI UNA BAND DI SATANISTI VERI, CAPEGGIATI DA UNA NOTA NECROFILA E OSSESSIONATA DA TUTTO CIO' CHE E' SINISTRO E ETERNAMENTE RIPOSA NELL'OBLIO, PAZIENTE E MEMORE, NEGLI ANTRI PIU' RECONDITI DEL NOSTRO INCONSCIO: JINX DAWSON; UNA VOCE UNICA E POTENTISSIMA, VIGOROSA, UNA GRINTA MASCHILE INSTILLATA NEL CORPO E NELL'UGOLA FEROCE DI UNA DONNA DI UN FASCINO DIABOLICO, UN PURO TALENTO FORTEMENTE ASSIMILABILE COME STILE A QUELLO DI JANIS JOPLIN A CUI LA STESSA DAWSON SI ISPIRA, UNITO AD UN'ATTITUDINE ETREMAMENTE PROVOCATRICE ED ICONOCLASTA. TUTTO IL MONDO DEL METAL CHE SI E' SVILUPPATO NEI 40 ANNI A SEGUIRE DOVREBBE RINGRAZIARE L'INFLUENZA LASCIATA DA QUESTO GRUPPO SU QUELLO AL QUALE INVECE E' ERRONEAMENTE ATTRIBUITO L'INIZIO DI TUTTO, CERTO SOLO PER QUELLO CHE RIGUARDA LE TEMATICHE TRATTATE. LA MUSICA DEI COVEN RISENTE INVECE ANCORA INTENSAMENTE DI QUEL HIPPIE-ROCK PSICHEDELICO E FORTEMENTE SESSANTIANO, MA FIGLIO PERO' DI STRANI FIORI MALSANI CHE GENERALMENTE SI PORTANO SOLO AL COSPETTO DELLE LAPIDI DEI CARI ESTINTI. UN MIX UNICO NEL LORO GENERE TRA MUSICA HIPPIE PSICHEDELICA, LIEVEMENTE INFLUENZATA DAL BLUES E TEMATICHE ED IMMAGINI DA COPERTINA FORTEMENTE OCCULTE E PROVOCATORIE, IMMORALI, DEFORMANTI IL COMUNE ED IPOCRITA BON-TON DELLE FAMIGLIE BACCHETTONE AMERICANE DELL'EPOCA. DA NOTARE CHE QUESTO E' IL PRIMO DISCO DELLA STORIA A CONTENERE NEL SUO BOOKLET INTERNO IMMAGINI DI CROCI ROVESCIATE, IL CELEBRE GESTO DELLE CORNA POI PRESO IN PRESTITO DALLE INTERE GENERAZIONI DI METALLARI A SEGUIRE E SCENE DELLA SEX-SYMBOL JINX DAWSON COMPLETAMENTE NUDA E CON UN TESCHIO APPOGGIATO SUL PROPRIO APPARATO GENITALE E UN CALICE SUL PETTO TRA LE MAGRE MAMMELLE, NEL MEZZO DI UN'ORDA DI SACERDOTI PAGANI IN UN RITO DI ADORAZIONE DEL MALE. L'ALBUM COMINCIA CON LA SPLENDIDA “BLACK SABBATH”, COLORATA DA SONORITA' GOTICHE, CORI INQUIETANTI E EMISSIONI VOCALI CORPOSE, VIBRATE E LONGEVE, TENUTE DALLA FANTASTICA DAWSON, RITORNELLI SINISTRI CHE POI LASCIANO LO SPAZIO AD UN RHYTHM'N'BLUES SINO A DEFLAGRARSI IN UN IMPROBABILE E POCO CURATO FINALE TRA URLA DI STREGHE ASSETATE DI SANGUE. SPLENDIDA LA TRACK “WHITE WITCH OF ROSE HALL”, BLUESEGGIANTE, CONDITA CON EMBRIONALI ACCORDI DI PIANOFORTE E PERSUSSIONI FOLK ED ANCORA LA SPLENDIDA ED ESTROSA VOCE DELLA DAWSON SEMPRE A FARE DA CAPOLINO SULL'ASCOLTO GENERALE DELL'OPERA. COMMOVENTE NELLA SUA MELODIA VOCALE “COVEN IN CHARING CROSS” ANCHE SE POI DECADE SUBITO IN UNA INUTILE LITANIA SATANICA CHE FRENA LA FLUIDITA' DEL PEZZO. SCIVOLA MEGLIO LA BELLA “FOR UNLAWFUL CARNAL KNOWLEDGE”, TIPICAMENTE SESSANTIANA, RICCA DI ARRANGIAMENTI ORGANISTICI MAI FINI A SE' STESSI MA SAPIENTEMENTE DOSATI NELL'ECONOMIA DELLA MUSICA, BASSO VINTAGE E PRESENTE, CORI ARMONIZZATI MAESTROSAMENTE; DIVINA LA QUINTA TRACCIA “PACT WITH LUCIFER” ARRICCHITA DAI CORI, DALLE COLORAZIONI AGILI DEL PIANOFORTE E DELLA CHITARRA. INTERESSANTI ANCHE “CHOKE, THIRST, DIE”, “WICKED WOMAN” E “DIGNITARIES OF HELL”, RESE TRASCINANTI DALLA ACCATTIVANTE E SEMPRE AZZECCATA MELODIA VOCALE, COSTANTEMENTE MEMORIZZABILE, IMMEDIATA, ISPIRATA, ORECCHIABILE DELLA DAWSON, VERO GIOIELLO E INCONTESTABILE VALORE AGGIUNTO DI QUESTA ALTRIMENTI ANONIMA BAND. LENTA, MELODIOSA, DOLCE PUR NON PERDENDO IL SUO STILE LIEVEMENTE MINACCIOSO E SINISTRO LA SPLENDIDA “PORTRAIT”. DECISAMENTE NOIOSA INVECE, PACCHIANA, VELLEITARIA E DERIVATIVA LA LITANIA DA PSEUDO-MESSA NERA DEGLI OLTRE DIECI MINUTI DI “SATANIC MASS”. UN DISCO AFFASCINANTE, MAGARI DA ASCOLTARSI IN UNO STATO ALLUCINATORIO, IN COMPAGNIA DI UNA SOSTANZA STUPEFACENTE, QUANDO SI VUOLE EVADERE DAL GRIGIORE DELLA REALTA' QUOTIDIANA POCO STIMOLANTE, PER ESPLORARE DIMENSIONI SCONOSCIUTE, MONDI INNOMINABILI E ANTICHI RITI PAGANI ALTRIMENTI RINNEGATI DAI TIMORI CATECHISTICI CHE CI PORTIAMO DENTRO DALL'ADOLESCENZA. UN DISCO DIMENTICATO, OCCULTATO ALL'EPOCA DELLA SUA USCITA DAI GRANDI NOMI E RIAFFIORATO SOLO IN SORDINA NEL 2003 CON UNA TIMIDA RIMASTERIZZAZIONE GIUNTA NELLE TASCHE DI POCHI ED IRRIDUCIBILI COLLEZIONISTI ...BUT... “EVERYTHING SHE TOUCHES DIES, THE WITCH IS BURNING ON THE HILL, THEY LEFT HER THERE FOR FIRE TO KILL, YOU CAN HEAR HER SCREAMING STILL, YOU CAN HEAR HER SCREAMING STILL!!!” …

VOTO: 8

EMMANUEL MENCHETTI (THE SIR OF DESOLATION)














mercoledì 19 ottobre 2011

MIO RACCONTO NOIR: LA CASA DEGLI ECHI


La casa degli echi
Scommetto che ciò che mi appresto a raccontarvi susciterà la vostra miscredenza, talvolta un macabro sorriso di sarcastica derisione, raramente, per i più sensibili all’inspiegabile ed alle forze mistiche dell’occulto, il terrore più assoluto. Un mio caro amico sosteneva una teoria audace. Era convinto che gli spiriti dei morti fossero imprigionati in uno stato gassoso che, finché privo di moto e solo a causa di questa provvidenziale mancanza, li rendesse invisibili e non udibili ai sensi umani. Credeva che i fischi del vento percettibili negli anfratti e nei vicoli del nostro mondo o in qualsiasi insenatura di un qualunque oggetto od al confine tra più corpi, non fossero altro che il richiamo dei cari estinti. Si batteva per impedire che la teoria dell’immaterialità dell’anima istupidisse le menti, ma non sostenendo che essa perisse con il corpo, ma preservando l’idea di una sua immortalità giustificandola, per contro, con la conservazione in uno stato, per l’appunto, materiale, ma gassoso e quindi in una mescolanza continua assieme ai gas dell’atmosfera. Scherzando, ero solito rispondergli che, affermando queste stravaganze più dialettiche che empiriche, era come preservare un’autentica follia equivalente al pensiero di una morte vista come evaporazione del corpo dal previo stato liquido e solido. Mi faceva ridere l’idea dell’evaporazione dei tessuti ed ero solito raccontarla ai miei compagni di sbronze, nelle sere autunnali passate a chiacchierare nelle crepuscolari cantine di antichi mattoni alla luce di candele. Mi chiedevo tra il fragore delle risa generali, quale putrido e mefitico odore potesse avere il miasma dei morti se a evaporare non poteva che essere il corpo nel suo finale stato di crescente decomposizione della carne. Vi era addirittura chi suscitò il quesito relativo alla improbabile posizione delle esalazioni cadaveriche nella gerarchia degli strati gassosi che, mano a mano, si allontanavano dalla terra vincendo la gravità. Poiché mi accorsi con un lieve ma già pericoloso e profetico ritardo, della serietà e della quasi eccentrica e bizzarra veemenza con la quale parlava a difesa delle sue sciocchezze e capricciose fantasie, ragion per cui dubitavo della sua stabilità psichica, mi convinsi a non offenderlo ulteriormente e gli consigliai amorevolmente di adottare un metodo scientifico per dimostrare i suoi azzardi teorici. La cosa che mi stupì era che il mio caro stravagante amico, si era già attrezzato per poter confutare le prevedibili reazioni alle sue tesi. Mi calunniò anzi come un infame di mala fede e mi rimproverò tenacemente per aver osato dubitare della ragionevolezza della sua mente. Non si spiegava come, pur essendo amici e pur condividendo una ormai decennale stima reciproca, io avessi potuto ipotizzare, anche solo per un istante, che il mio compagno di avventure si fosse permesso, con l’audacia di uno sciocco qualunque, di assurgere a una tale convinzione con la sola immaginazione o voglia puerile e dilettantistica di stupire, senza prima averne riscontrata l’attendibilità attraverso un metodo propriamente scientifico. Conoscevo da anni il suo interesse per la ricerca, l’antropologia, la chimica, la fisica e, d’altro canto, la sua parziale demotivazione verso lo studio di materie pur sempre di indagine, ma più letterarie quali, ahimè, la filosofia. Mi sentivo quindi in colpa per aver ipotizzato la improvvisa follia del mio amico, ma mi giustificai chiedendogli come avrei potuto diversamente accettare tali affermazioni non suffragate da un vero e proprio esperimento che mi rivelasse, in uno stato di percezione sensoriale che non fosse alterato dalle droghe che eravamo soliti prendere, la veridicità di simili idiozie. Notai che lo stato di convinzione del mio amico era tale per cui aveva completamente perso la ragione, non riusciva ad immedesimarsi nel comprensibile scetticismo di chi era all’oscuro degli esperimenti che, negli ultimi mesi, lo avevano isolato da qualunque relazione sociale. Rendendomi conto che affrontava comunque argomenti eterogenei e di notevole spessore intellettuale con la stessa ed immutata padronanza del passato, mi convinsi che il suo integralismo era dovuto a qualcosa che realmente lui aveva sentito. Me ne accorsi perché manifestava rabbia di fronte a chi lo derideva, un’ira incontrollabile che può scatenarsi solo dentro chi ha udito ciò che una mente sana non dovrebbe mai udire. Lo rimproverai per arrabbiarsi pretendendo credibilità dalle sole parole e lo esortai, poiché altro non potevo più fare, a mostrarmi i suoi studi. “Se Gesù in persona mi avesse parlato con le parole della Bibbia, sarei diventato il cristiano più integralista..” mi rispose sorridendo e difendendo, almeno per quell’istante, lo scetticismo tipico della scienza. Il ritorno, seppure a rari sprazzi, della sua ironia pungente mi rasserenò per un attimo sulla sua salute mentale perché mi faceva pensare che, in fondo, il mio amicone di sempre non era poi così mutato dai nuovi eventi. Aveva sempre goduto o talvolta sofferto di grande immaginazione, ma la ragionevolezza lo aveva sempre salvaguardato dal desiderio infantile di evadere dalla verità cercando l’emozione cinematografica e narrativa dei registi e degli scrittori. Dalla conclusione di tutte queste mie segrete deduzioni, mi convinsi a seguirlo pur con qualche timore di cadere nella rete della follia. Più felice è chi vive la propria vita nell’edonismo, lontano dalla ricerca della verità per sé e per l’umanità intera. La salute della mente sta nell’ignoranza di chi mai potrebbe solo immaginare ciò che alcune menti hanno sentito nei meandri dell’oscurità. Il mio amico mi portò in una vecchia magione famosa per essere già venerata da occultisti e per essere il terrore delle sensitive di tutta la contea. Furono proprio tali dicerie a fargli scegliere tale dimora quale laboratorio per le sue ricerche. Voleva dare una spiegazione scientifica a tali leggende e si impossessò del rudere per qualche mese nell’intento di cominciare a costruire ciò che, a suo dire, sarebbe stata la macchina che avrebbe portato a conoscenze sconvolgenti per la salute psichica dell’umanità intera. Disse di aver vissuto nella dimora abbandonata per tre lunghi mesi, installando apparecchiature per la registrazione professionale di qualsiasi frequenza sonora, con l’ausilio di microfoni in ogni angolo ed anfratto del loculo. Quando giunsi nella casa, rimasi esterrefatto per il traffico di cavi elettrici che il mio amico aveva provocato e che, esteticamente, contrastava con la mobilia antica, in parte fradicia, ma testimone di una passata e aristocratica opulenza. Mi stupì come quell’arredamento fosse rimasto sguarnito come se, chi ci aveva abitato prima, si fosse allontanato dalla propria dimora frettolosamente, senza neppure avere la cura ed il tempo di vendere un solo mobile o un tavolo. Gli chiesi di farmi ascoltare le registrazioni effettuate ma mi rispose che non era ciò che voleva mostrarmi. Desiderava che ascoltassi le voci parlarci in quel momento così come nascevano udendo le parole degli spiriti che a noi, in tempo reale, si rivolgevano. Fu allora che alzò un telone e mi mostrò un’enorme ventola riparata da una grata circolare in ferro battuto, del diametro di un metro e mezzo. Era di sua costruzione, regolabile in diverse velocità. Secondo la sua bizzarra teoria, gli echi degli spiriti lontani che avevano vissuto nella casa secoli prima, potevano essere resi udibili all’orecchio umano scotendo l’aria in cui essi erano imprigionati, in un movimento circolare, ad una tale velocità da separare le frequenze sonore degli estinti dalle particelle di ossigeno in modo da rinchiudere le prime nella gamma dei segnali acustici percepibili dall’uomo. In tale evenienza si poteva ascoltare ciò che i morti ci imprecavano in tempo reale pur non avendo la prova né il più timido indizio che loro potessero sentire la nostra voce. Disse di aver registrato soliloqui funebri e non di avere dialogato con i morti. Gli risposi che probabilmente gli echi che diceva di sentire potessero essere semplicemente frequenze imprigionate nella cassa armonica della stanza, provenienti dal passato, ossia dalla voce di persone avventuratesi nello stesso posto di recente. Fu allora che mi pregò di tacere e di afferrarmi a grosse maniglie d’acciaio saldate all’apparecchio, per non volare in preda al vento artificiale, quello che, a velocità inaudita, avrebbe rivelato il pensiero dei morti ad un tale volume, da occultare lo stesso rumore del moto aereo. Accese particolari incensi ordinati dall’India nella stanza, sostenendo che la loro composizione chimica avrebbe depurato l’aria delle particelle di vapore acqueo, responsabili della pesantezza e della conseguente resistenza dell’aria allo spostamento nonché dell’eccessivo riverbero sonoro che il suo moto avrebbe provocato non rendendo distinguibili gli echi ricercati. La sua immaginazione era al limite dell’ impronunciabile. Mi sentivo un idiota a farmi ammanettare a quelle maniglie ma mi convinsi che di lì a poco il gioco sarebbe finito e lo avrei convinto a rivendere le apparecchiature per la registrazione digitale e a distruggere quella ridicola macchina attira spiriti. La cosa che invece sentii quando le pale della ventola cominciarono a girare a velocità inaudita non fu semplice rumore del vento seppur modulato dall’effetto-sordina provocato dagli incensi. Un mugugno impercettibile, un mugolio infernale del quale non riuscii a distinguere le parole perché era simile a quello di una bestia come se esseri mostruosi privi delle caratteristiche umane avessero abitato in dimore civili o le avessero successivamente invase. Ma la cosa che mi spaventò terribilmente e per la quale ancora tremo con un brivido a ricordarla, l’abominio sonoro per il quale, in preda alla forza del vento, cercai invano di gridare di spegnere quella maledetta diavoleria da lui costruita, doveva ancora arrivare. Riuscii successivamente a convincerlo a distruggere la sua macchina per questo. Non furono le parole che sentii da un improbabile spirito. Fu il suono che qualche insulso essere aveva emanato, a terrificarmi...e la voce, o meglio, la sua eco riportata dal più recente passato con l’aiuto del vento, la voce del mio amico che di fronte a me, nell’immediato presente, non stava nemmeno aprendo le labbra. La sua stessa voce che urlava:
Oddio, vattene, ti prego, vattene!!…
Emmanuel Gravier Menchetti

MIO RACCONTO NOIR: COLORO CHE ATTENDONO


COLORO CHE ATTENDONO
Il ricordo di un caldo e luminoso pomeriggio di fine maggio che ho ora in mente, viene presto folgorato da un'immagine e da un dialogo incomune, che colpirono la mia sensibilità e la parte talvolta più intuitiva e protesa alle conoscenze extrasensoriali di natura spirituale ed esoterica, ossia l'immaginazione. Proprio quest'ultima componente del pensiero umano, che dovrebbe portarci il più distante possibile dalla codifica della realtà mondana, talvolta invece, di fronte all'indagine di avvenimenti altrimenti incomprensibili, diventa proprio la chiave di lettura di questi, l'unico accesso consentito alla comprensione dell'uomo. Rimembro una giovane coppia entrare in un bar non lontano dal tavolo in cui ero seduto con alcuni colleghi per un caffè nella pausa pranzo dal lavoro. Ad un tratto il ragazzo salutò altre fanciulle che gli si pararono innanzi e con le quali cominciò poi a dialogare, suscitando la palese indignazione della sua compagna. Questa si staccò dalla presa del suo fidanzato per avvicinarsi al tavolo di fianco al nostro e parlare con alcuni probabili amici che ivi aveva incontrato. Non udii tutto ciò che si dissero ma era chiaro che il suo fidanzato, posizionato ben più lontano di quanto lo fossimo noi, non poteva sentirla. Capii questa frase pronunciata dalla fanciulla mentre lacrimava "....fa sempre così, ha sempre bisogno di attenzioni ma poi lui fa quello che gli pare!" Ricordo che appena terminò queste parole, il suo compagno si voltò con uno sguardo di ghiaccio e con un volto pietrificato dall'ira e dalla delusione; fu un'espressione completamente modificata rispetto a quella gioiosa e solare con la quale era entrato prima nel locale, come se si trattasse di quella di un'altra persona. Con quel rinnovato profilo si avvicinò alla fidanzata e con aria minacciosa le disse "Non ti permettere mai più di parlare male di me alle mie spalle, come hai potuto? Ti attenderò lassù ... un giorno!" Quel curioso episodio mi stimolò ancor di più ad indagare su ciò da cui la mia mente era, già da tempo, rapita ossia l'occultismo e lo spiritualismo e proseguii con il leggere diversa letteratura su argomenti mistici che trattano altre probabili vite dopo la morte, storie di avvistamenti di tunnel o di esseri di luce nello stato psichico di pre-morte o di near death experience. A condurmi a questi studi fu la parte finale di quella frase, non suscettibile di altre interpretazioni, pronunciata con un timbro prima sconosciuto a chi la proferì e da un volto alieno, un viso non più di questo mondo, quasi fosse quello di un essere tornato tra i vivi per completare una missione lasciata incompleta alla sua dipartita da questa fragile esistenza terrena; fu l'affascinante immagine di un macabro senso di attesa che i defunti provano nei confronti dei vivi e al termine del quale saranno poi chiamati a giudicare le nostre azioni, a colpire la mia eccitata fantasia di studioso delle scienze occulte. Cominciai a fantasticare su un mondo di spiriti erranti che non hanno completato dei compiti su questa terra e che sono allora tornati sotto altre vesti o a vaneggiare su limbi di cari estinti che attendono l'arrivo dei nuovi morti per poterli punire delle malefatte perpetrate in loro assenza. Fu da quel momento che cominciai ad indagare ... sul mondo dei morti. Che logica ha il passaggio in questa vita terrena? Per quale motivo dovremmo necessariamente passare di qui per poi ascendere ad un'altra esistenza? Perchè poi dover tornare? Fu da allora che ebbi la continua percezione che qualcuno, o meglio, alcuni esseri, due per la precisione, mi attendessero. Sulla funzione che potessero avere queste due figure, che percepii allora come di sesso maschile, per quanto si possa parlare di genere sessuale nel mondo delle anime spirituali, non so dirvi. Ma è proprio questa mancanza di risposte che mi fece (all'epoca delle prime "visioni") pensare che la mia mente non avesse costruito un mondo immaginario e fittizio, giustificandolo e completandone la costruzione con le sue stesse astrazioni, ma che la sua parte più sensibile alle percezioni astrali o trascendentali, avesse semplicemente ed effettivamente percepito delle presenze di fronte alle quali la stessa mente umana risultasse impreparata all'indagine. Vidi le sagome di due spettri, celati dietro la tenda della camera da letto della mia ex compagna, la prima volta che litigammo dopo l'episodio di quel pomeriggio e da lì in poi mi accadde ogni volta che discutevamo. Cominciai a pensare, con un fare superstizioso che solitamente non mi appartiene, che quelle losche figure fossero come degli uccelli del malaugurio, ma in realtà all'inizio non capivo la ragione delle loro visite. Credo di non averla mai compresa ma di averla intuita, o meglio, non mi è mai stata rivelata ma la mia immaginazione ne ha carpito la probabile essenza. Quelle figure comparivano ogni qualvolta nella mia vita accadeva un qualcosa che rovinava i miei sogni, che deflagrava le mie speranze. Io amavo la mia donna e il mio amore corrisposto alimentava, col nettare della passione e della felicità, la mia vita e le prospettive che mi ponevo innanzi all'altrimenti misterioso futuro. Poi ogni qualvolta l'ennesimo litigio con la mia irrequieta compagna pareva scuotermi dal candore del mio stato di benessere, attraverso il quale la mia mente voleva proteggermi, comparivano loro ... le due presenze. Le sentivo aspettare, guardarmi, giudicarmi, percepivo il loro fiato addosso, la loro inquietante attesa. Sapevo che non avrei mai potuto sfuggire al loro sinistro cospetto. Perchè comparivano solo nei momenti disattesi di disillusione? Perchè coprivano con la loro ombra senza volto, la miseria della mia condizione nei momenti in cui le mie aspettative si intorpidivano, offuscando la via dei progetti futuri? Qual'è il loro messaggio ed in quale linguaggio ci comunicano ciò che hanno da dirci? Per quale blasfemo e cinico motivo venire ad assistere alla morte dei nostri sogni in vita? La mia mente cominciò presto a tessere una propria ragnatela di ipotesi sugli spiriti erranti che ritornano su questa terra e sul probabile motivo per il quale ci compaiono innanzi sempre nei momenti in cui i nostri sogni vengono minacciati. Nella nostra vita desideriamo l'immortalità della nostra felicità, dei nostri sentimenti ma solo i caduti possono sapere dove andremo e quanto siano fragili e passeggeri anche i momenti gioiosi in cui ci sentiamo più forti e sicuri. Chissà quante volte quelle due ombre, celate dietro la tenda, mi hanno parlato, mi hanno avvertito dell'arrivo di lì a poco di quello che sarebbe poi stato il peggior trauma che avrei subito nella mia vita: la fine drastica della mia storia d'amore. Se fossi riuscito a codificare il loro alfabeto o a captare, con la sorda comprensione dell'intuito, le loro frequenze, sarei stato maggiormente preparato a quello che sarebbe poi stato, senza saperlo, il mio ultimo dialogo con la donna che adoravo. Anche lei probabilmente mi aveva già lanciato avvisaglie del suo crescente risentimento verso il mio temperamento che lei stessa giudicava spigoloso, ingestibile e del conseguente suo intento di troncare la nostra bellissima storia, ma il mio cuore innamorato e la mia vista offuscata ed ammaliata, non sentivano ragioni. Avevo bisogno di continuare ad abbeverarmi del nettare dei miei sogni, ero diventato come un bambino capriccioso in cerca di continue conferme ed attenzioni, ma non più obiettivo nella comprensione della triste verità che si stava gradualmente dipanando dal gomitolo delle nostre continue battaglie dialettiche. Riportavo spesso la mia mente allo splendore ed al romanticismo dei primi giorni passati insieme, quando tutto era ancora puro ed incontaminato dai rancori che si sarebbero cementati poi, ignorando però, come difesa della mia psiche, le crescenti e sempre più violente discussioni a cui seguivano periodi di silenzio tra noi sempre più pericolosamente lunghi. Non stavo quindi più vivendo il tempo presente ma rimanevo ancorato anacronisticamente al passato e, per questo, fu lo stesso futuro imprescindibile, inevitabile, ossia la morte, a venire a prendermi per mano e accompagnarmi nella strada della rivelazione. In seguito a quelle visite, l'amore della mia vita, un giorno che pensavo qualunque, mi lasciò definitivamente. Credevo fosse solo l'ennesima discussione, che poi lei si sarebbe ancora calmata ma sottovalutavo l'orrore della nostra esistenza come umani e la miseria della nostra condizione. Nei momenti di solitudine e di profonda depressione che seguirono la fine della mia storia d'amore, corteggiai l'idea che quelle due figure mi avessero voluto prima avvertire della fine che stava incombendo. Argomentai tra me e me che i morti sono come degli esseri onniscenti poichè a loro è stata rivelata la verità che un giorno anche a noi sarà resa conoscibile, ma solo con il trapasso, la rivelazione ed il passaggio ad una forma nuova di conoscenza a noi non ancora concessa. Una notte antecedente alla definitiva rottura del nostro rapporto, sognai i volti di due uomini che mi prendevano per mano e mi portavano dentro una nebbia fittissima. Li riconobbi nella figura del mio bisnonno e del trisavolo dalle vecchie foto degli avi che la mia famiglia era solita collezionare ed appendere alle mura di casa quale macabro ornamento; persone che mai conobbi in vita. Mi convinsi col tempo che fossero anche i volti dei due loschi figuri che mi facevano visita nei momenti in cui la mia ipersensibilità e fragilità psichica era tenuta a dover fronteggiare ciò che, oltre ai lutti, è la più difficile prova da superare nella vita terrena: la fine degli amori. Cominciai a contemplare l'idea che avessero aperto un contatto anche con la mia mente dormiente nell'affascinante stato del sonno in cui l'inconscio, lontano dal giudizio della coscienza, apre le sue porte al mondo spirituale. Mi convinsi che quella nebbia fosse lo stato incomprensibile degli avvenimenti nella nostra vita ed il muro di mistero che cela i pensieri più segreti e nascosti nel buio della mente ottenebrata delle persone che conosciamo in vita e che i miei avi mi volessero svelare quell'arcano ancor prima che la mannaia della triste sorte incombesse sul mio capo chino al cospetto del potere struggente, logorante e lancinante dell'amore giunto inesorabilmente al suo tramonto. Pensai che volessero fare questo per lenire il mio dolore quando ciò sarebbe accaduto ma mi convinsi che la mia coscienza, nel riportarmi allo stato di veglia, avesse tralasciato queste premonizioni in uno strato psichico di oblio, riabbandonandomi, come un rinnovato sprovveduto, alla minaccia inconsapevole di ciò che poi sarebbe accaduto. Tornarono allora successivamente a parlarmi, io li vidi e sapevo che loro conoscevano tutto di me ma che il mio stato di conoscenza era ancora primitivo per la comprensione del loro linguaggio. Le nostre conoscenze sono, in realtà, solo reminiscenze delle verità che ci vengono rivelate esclusivamente nel sonno più profondo, ossia nell'unico stato di conoscenza in cui la nostra mente, priva di distrazioni e lontana dall'ottusità lucida dello stato di veglia, è più disposta ad apprendere dall'aldilà. Ora so che terminerò la mia vita in solitudine perchè mai più amerò una donna così come ho amato lei ma so anche che tornerò poi a trovare i miei antenati e che la morte non è allora la risoluzione e l'annichilimento di tutto. L'uomo ignora solo il momento della sua fine ma forse è l'unico essere del mondo animale ad essere consapevole dell'effettivo peso del fatto che ciò inevitabilmente avvenga, ma senza conoscerne le dinamiche astrali, la dimensione in cui i nostri spiriti errano. I morti invece sanno già tutto, loro ci attendono, ci avvertono. La nostra felicità come il nostro dolore è tenuto ad avere una fine così come un inizio in un dinamismo incorruttibile nel quale tutto è in continua trasformazione, per cui il sogno diventa incubo come dalla melma può nascere un nuovo fiore. Loro ci guidano in questo inferno sulla terra, assistono al teatro tragico della nostra vita, noi siamo solo inutili maschere, con le loro lacrime dipinte, che getteranno il loro costume prima o poi nell'oblio eterno. Attendono la nostra ascesa per punirci delle nostre malefatte o forse solo per avvertirci. Loro ci attendono ...lassù.
Emmanuel Menchetti.