giovedì 12 agosto 2021

 LA PAURA DI VIVERE E DI MORIRE



Nella fragile lotta per la sopravvivenza degli esseri senzienti contro l’indole mortale della Natura che tutto poi richiama alla dissoluzione, la scienza medica per gli esseri umani o il solo istinto di sopravvivenza per gli animali selvatici nulla possono contro il naturale decorso del cosmo. L’impotenza della scienza medica e dell’istinto animale di fronte alla corruzione della morte voluta dalle leggi naturali inalienabili e indissolubili del cosmo, non è casuale, ma sempre certa e determinata da un importante fattore. Ogni forma vivente auto-cosciente, in quanto tale, che sia uomo razionale o animale istintivo, si pone un obiettivo: VIVERE. Nel momento in cui ci si pone un obiettivo, la lotta per il suo raggiungimento non è scevra da errori. Si possono commettere inesattezze o omissioni nello studio dell’antidoto alla malattia, semplici distrazioni che portano ad un comportamento lontano da quello più consono alla difesa della propria integrità fisica e della propria salute. La Natura invece, di per sé mortale, poiché tutto richiama alla inappellabile dissoluzione per dar vita a nuove nascite, NON ha alcun obiettivo. In Natura per contro non esistono giustizie o ingiustizie, buoni o cattivi, vincitori o vinti, poiché essa si muove in una evoluzione totalmente casuale delle leggi che regolano il moto dei corpi inanimati e animati. La sola inerzia e la gravità reciproca dei corpi muove la materia disordinatamente nello spazio senza un’intelligenza “divina” che si preoccupi minimamente del destino di ciascuna vita individuale, né tanto meno di conferirle quindi un senso o una dignità che sono mere astrazioni mentali di chi spera invece di vivere. E’ proprio la mancanza di obiettivi che rende la Natura infallibile mentre gli esseri senzienti sono suscettibili di errore perché si pongono l’intento di sopravvivere. Chi non ha meta non può sbagliare, chi ambisce ad una meta può prendere un abbaglio. Ma ciò che rende ancor più inutile qualsiasi sforzo per cercare di rimanere ancorati alla futile, effimera e transitoria esistenza sul pianeta è la semplice caducità del ciclo vitale, dettata dalla nascita e alla quale non è ammessa alcuna evenienza di uscita. Lo sforzo degli esseri senzienti diventa allora ancora più futile in quanto non teso alla sopravvivenza eterna, all’immobilità dello stato vitale protratto a un tempo indefinito, ma al solo allungamento della condizione attuale di esistenza il più possibile in un futuro comunque delimitato da un orizzonte temporale. L’ulteriore abbaglio di questa inutile lotta è data dall’illusione di poter raggiungere la felicità nel mero allungamento temporale dell’esistenza sul pianeta ospitante come se dipendesse solo dalla quantità di tempo a disposizione la ricerca della ragione del benessere. La più ingannevole illusione umana è quella di consegnare o demandare il senso della propria vita solo alla misura del tempo senza riflettere sul fatto che il “senso” sia solo una sua mera astrazione mentale la cui ricerca è quindi inutile e senza domandarsi il perché abbia ricevuto la vita su questo pianeta senza nemmeno averla chiesta, per poi dover soccombere inevitabilmente raggiungendo lo stato di morte che annichilisce la vita medesima in una contraddizione inammissibile per l’astrazione logica. La mia conclusione ai minimi termini è quindi che la vita non ha un senso e anche la sola ricerca del suo significato è, per sua stessa natura, inadeguata oltre che ovviamente infruttuosa.

Emmanuel Menchetti.