giovedì 29 marzo 2018

Con l’avanzare dell’età si impara ad accontentarsi che non significa solo rassegnarsi a rinunciare alle ambizioni in conseguenza dell’assottigliarsi dell’orizzonte temporale rimasto, ma riuscire a valorizzare il bello delle cose semplici, depurandole di aggressive ed ingenue velleità nonché di grossolane presunzioni di illusione tipicamente giovanili, sapendole contestualizzare meglio nell’equilibrio delle priorità, anche alla luce di una visione maggiormente panoramica del mondo, proprio dovuta all’esperienza, che ci libera dai fuorvianti sogni giovanili protesi al futuro immaginato, concentrandoci invece sull’oggettività del vissuto. Del resto, se la vecchiaia non ci insegna un po’ di saggezza, ci avvicina solo alla morte.

Emmanuel Menchetti.

giovedì 22 marzo 2018

Emmanuel Menchetti: "Apologia del disagio e apostasia dell'illusione"

La casualità del seppur auspicabile raggiungimento della felicità nel corso di una vita che non ci è stata però chiesta di vivere, rende lo stesso benessere un qualcosa di incidentale ed accessorio a una condizione esistenziale che pervade e domina l’ombra di ogni nostra scelta. Il disagio di vivere, per contro, è una condizione cui si associa un attributo maggiormente ontologico dell’esistenza stessa. Da questa ottica, dato quindi il vizio iniziale di una nascita forzata, la felicità non può esistere o se si raggiunge è una condizione sussidiaria quanto velleitaria e fugace, mentre l’infelicità è essa stessa parte integrante e decifrante dell’essere vivo.

Emmanuel Menchetti: "Assolutismo cosmico della relatività"

Non esiste un solo mondo ma tanti mondi quante sono le menti pensanti, ne consegue che la vita sussiste solo nella forma pensante auto-cosciente e non nel peso gravitazionale della materia e che la rilevanza dell'esistenza medesima si subordina alla consapevolezza. Non esiste quindi l'assolutismo del giudizio e il tutto diviene opinabile e assoggettato alla scelta individuale.

venerdì 16 marzo 2018

Perché cercare limiti spazio temporali dell’universo se concepiamo il limite solo come frammento di discontinuità tra essenze altrimenti (per l’appunto) continue? Sarebbe come concepire un Dio che prima di creare un universo con la fisicamente inqualificabile magia di coniare materia dal nulla, abbia necessariamente auto-creato se stesso. Se andiamo oltre il concetto fisico e matematico di limite e cominciamo invece a incorporare il concetto intellettivo di infinito, depurato quindi di un necessario e nondimeno quantificabile inizio e un termine, declassiamo la ricerca necessaria del confine, nonché di un inizio, ad argomentazione futile e priva di mordente conoscitivo.

Emmanuel Menchetti.

Se non fosse per il fatto che la nascita non è una nostra scelta, nell’eterna competizione tra la parte razionale ed emotiva delle nostre valutazioni, coerentemente con la previa decisione di venire al mondo, il solo raziocinio dovrebbe misurarsi con le nostre preferenze nel corso della vita; il senso invece di ambiguità derivante da un’esistenza vissuta essa stessa come contratta tra la non scelta di nascere e il dovere di morire, tende a privilegiare uno stile di vita irrazionale ed edonista. Quest’ultimo disgrega gli equilibri del benessere derivanti dalla necessarietà di vivere come nutrirsi in modo sano, procreare impegnandosi a migliorare le condizioni ambientali per tutelare la propria progenie, ottimizzare il potere d’acquisto del proprio reddito per migliorare le condizioni di vita per se e per la propria famiglia, progettandosi un futuro che non sia peggiore del presente. L’edonista non programma, non pensa al futuro e non pensa neanche alla vita. Riflette invece spesso sulla morte, vive solo il presente ed è nostalgico del passato perché conduce all’esame filosofico sul senso o meno dell’esistenza, i soli spazi temporali che conosce, ignorando quindi il futuro sognato invece dagli impavidi ottimisti.





Emmanuel Menchetti.