martedì 8 ottobre 2013

RECENSIONE "DREAM THEATER" - DREAM THEATER (2013)



L'ascoltatore medio dei Dream Theater (cioè IO) è notoriamente un talebano, o meglio, viziato da standard qualitativi a livello sia compositivo che di produzione, irraggiungibili da altri comuni mortali, è talmente stato martellato di perfezione dai trascorsi della band, ma soprattutto talmente assecondato alla continua innovazione del loro sistema musicale rispetto alla banalità di tutto il resto, da ESIGERE, PRETENDERE, solo il paradosso, ossia che la band newyorkese ormai nello stanco 2013, a distanza di ben 25 anni dai primi folgori, continui a stupirlo nuovamente!!! Lo so, anche loro sono esseri umani purtroppo e la cosa curiosa è che hanno assegnato il loro stesso nome proprio a uno degli album forse meno convincenti. Intendiamoci, in questo disco ci sono parti strumentali da fare accapponare la pelle (brivido che i loro ascoltatori già conoscono!! che è come familiarizzare con una droga già assunta in tanti sabati sera ordinari!!) ma quando non tutto è perfetto, l'integralismo di chi li ama è tale da far pure storcere il naso (!!!) ad esempio di fronte ad un suono di rullante pessimo o ad un suono di cassa non del tutto incisivo (mi mancano le produzioni del vecchio orsetto Portnoy, lui si che ci ragionava!!); un plauso finalmente al suono del basso divenuto più presente, potente e a delle parti strumentali per le quali ogni parola che io possa aggiungere è assolutamente limitativa rispetto alla loro grandezza divina che, come tale, non merita neppure di essere banalizzata in una recensione perchè loro sono così, bisogna ascoltarli e probabilmente neppure capirete neanche un millesimo, non coglierete che una porzione infinitesima della loro grandezza che voi, comuni mortali, non meritate. C'è un però, c'è qualche però che in timidi tratti invece non mi fa gridare al miracolo e questo per i Dream è un male non di poco conto: qualche canzone sotto tono, non brillante, non evocativa unita a melodie un pochino "secondarie" rispetto al passato (che hanno il sapore di essere come brani di seconda scelta presi in prestito da produzioni precedenti) e se a tutto questo aggiungiamo che la voce di LaBrie è un po' spossata e non penetrante come in passato, è chiaro che, pur di fronte agli "scontati" capolavori che ci saremmo comunque aspettati e abbondantemente contenuti in questo disco, non mi resta che licenziarlo "solo" con un miserabile e desolante 8 come voto finale.

VOTO: 8