sabato 13 settembre 2014

RECENSIONE: "Mussolini: ultimo atto" - Carlo Lizzani (1973)




Il film trasmesso ieri sera su la7 è molto ben realizzato, con interpreti molto talentuosi e credibili, e immerge lo spettatore in una sorta di mimetizzazione provocata da un film-documentario dove la fiction viene sapientemente miscelata alla visione di immagini originali dell'epoca. Nota negativa: il solito stile filo-americano di condurre le narrazioni sottolineando il carattere di codardia di Benito Mussolini (anche se oggettivamente si focalizza sull'ultimo capitolo della sua vita e non certo quello glorioso della sua ascesa al potere) piuttosto che altro e lo fa in un modo malizioso da darmi l'impressione di voler volutamente raffreddare gli entusiasmi di certe nostalgie presenti ancora nel nostro paese. Del resto il discorso è sempre quello ossia che la storia la scrivono sempre e solo i vincitori, o meglio, nel caso specifico, chi aveva semplicemente deciso di non perdere quando cambiarono le acque e noi adesso, pur saggi telespettatori, ci dobbiamo sorbire la solita interpretazione travisata di chi è incapace di narrare senza trasmettere la propria soggezione al potere mediatico dei più forti. Per il resto, ottimo film ma quando si narrano fatti storici, l'attenzione su quella che è l'interpretazione soggettiva che l'autore dà di essi diventa inevitabile ai fini del mio giudizio. Si tratterà di una deformazione personale.

VOTO: 7,5

Emmanuel Menchetti

lunedì 8 settembre 2014

RECENSIONE CINEMATOGRAFICA: "LA TERZA MADRE" - Dario Argento (2007)



Nel 2007, quando uscì al cinema, deflagrai l'invito di qualche horror-amico di vederlo con lui, ma per andarlo a vedere da solo!! era la notte di halloween e lo andai a vedere al cinema di Fano, avrei raggiunto gli amici per una serata occulta dopo questa visione. Sapevo che rappresentava il terzo capitolo di una importante trilogia iniziata col seminale Suspiria del 1977 e continuata con il pure ottimo Inferno del 1980 e volevo dedicarvi tutta l'attenzione che meritava, il silenzio che ti può regalare solo la solitudine di una sala semi-deserta scegliendo uno spettacolo ad un'ora improbabile e quindi meno frequentata. Il trauma subìto fu dei peggiori, uscii dal cinema quasi con le lacrime agli occhi dal sacrilegio, un imperdonabile affronto che Dario Argento aveva osato attuare contro un suo stesso film, dirigendo una pellicola dozzinale e disarmante, mediocre e sbrigativa gettando discredito sull'intera trilogia e infangando anche il proprio passato oltre al proprio nome già duramente bistrattato con le ultime produzioni. Ciò che mise a dura prova in realtà fu la mia stessa ASPETTATIVA di trovarmi di fronte al desiderio del regista capitolino di riscattarsi, proprio recuperando il terzo capitolo della trilogia rimasta sospesa, quello dedicato a Mater Lacrimarum, ad una rinnovata volontà coadiuvata con il beneficio di una trama la cui architettura storica era già stata nobilmente scritta dai 2 capitoli precedenti. Fu proprio l'aspettativa a deludermi. Rivederlo 7 anni dopo, con il ricordo di quel fallimento atroce mi ha modificato lo stato psicologico di base con cui ne ho affrontato la visione, ossia quella stessa aspettativa, appunto. Quando si modifica la conoscenza e si riduce la facoltà previsionale, l'ottica e i parametri valutativi mostrano il loro potere nel modificare il giudizio. Fui tradito dalla DISILLUSIONE a fronte di ciò che credevo di trovarmi di fronte. Il film effettivamente contiene gravi pecche oggettive come una trama srotolata in modo frettoloso e guascone, senza la minima cura di vari dettagli che soffrono dell'abbandono a sè stessi, oltre alla recitazione di vari interpreti, tra cui quello della figlia Asia, davvero pessima e peggio che amatoriale. Neppure nel finale poi, ossia in un momento cruciale di qualsiasi pellicola da cui ne deriverebbe buona parte dell'imprinting qualitativo, Argento decise di soffermarsi un po' di più, lasciandolo nelle mani di una grossolana e volgare risata della figlia come a ridere di un'opera sostanzialmente da buttare nel buio dell'oblio. In realtà però, non tutto è da buttare; il film è molto cruento, stimola un clima surreale di pazzia che affligge vari personaggi e che martirizza lo spettatore da più angolature soffocandone la visione e lo stile di signorile tragedia imminente che lo caratterizza da sempre, non risulta totalmente senilizzato dal tempo. Un film che si lascia comunque vedere. 

VOTO: 5,5

Emmanuel Menchetti