giovedì 5 dicembre 2013

RECENSIONE CINEMATOGRAFICA: "ANTARCTICA" - Regia: Koreyoshi Kurahara - Anno: 1983




La prima volta che vidi quest'opera ero un bambino e ricordo che piansi tantissimo mentre mia madre cercava di rassicurarmi sul fatto che fosse solo un film; purtroppo qui invece non siamo di fronte solo a una finzione puramente cinematografica, ma a una produzione giapponese che costituisce una sorta di documentario su una storia realmente accaduta nel 1958. All'epoca, un team di scienziati giapponesi fece una spedizione nell'Antartide, stabilendosi in una base di ricerca per un anno intero, accompagnati da 15 cani da slitta di razza husky. Nel febbraio del 1958 fu inviato  un secondo team con una nave rompighiaccio, che doveva dare il cambio alla prima squadra. A causa delle avverse condizioni climatiche, la nave si incagliò nel ghiaccio e non si riuscì a romperlo neppure con l'innesto di dinamiti. A quel punto si decise che la nave, impedita ormai nel proseguire il suo cammino verso la base, dovette fare marcia indietro e si decise che gli 11 scienziati della base dovessero venire prelevati con un piccolo aereo a gruppi di 3 per volta. Problemi di spazio e carburante li costrinsero alla dura scelta di non imbarcare anche i cani, i quali vennero lasciati alla base, legati a una catena, con scorte di cibo per una settimana, periodo di tempo entro il quale altri uomini sarebbero dovuti tornare a prelevarli. Purtroppo però i cani vennero invece abbandonati al loro triste destino e non vedendo tornare i loro padroni traditori che loro avevano sempre inutilmente servito, cominciarono a capire che dovevano muoversi da soli e cercarono di liberarsi dai loro stretti collari. Di questi 15 cani 7 non riuscirono a liberarsi e morirono incatenati di fame e di freddo, gli altri 8 riuscirono invece a sfilarsi da soli dai loro collari e cominciando così un'avventura insieme, alla ricerca di cibo fatto principalmente di pinguini, foche e pesci congelati tra i ghiacci e lottando per la sopravvivenza in un ambiente totalmente ostile per loro. Nel frattempo uno degli scienziati tornati in Giappone, viene rovinato dal rimorso per aver legato i cani e non aver potuto almeno ucciderli lui col veleno, abbandonandoli ad una lenta e ben più crudele morte per fame e assideramento. Decide di regalare un cucciolo alla propria figlia chiamandolo Riki proprio come suo padre ossia uno dei cani ora lasciati là a morire nel Polo Sud ma la figlia non lo vuole e lo rimprovera di aver abbandonato il "vero" Riki. Il film prosegue con un continuum massacrante per la mia sensibilità, di tragedie in cui muoiono i cani, chi inghiottito dalle acque che si liberano tra i ghiacci aperti, chi divorato da un'orca, chi scivolato in una scarpata ghiacciata e vi assicuro che la visione ne è davvero difficile senza riuscire a piangere per il dolore e la pena provati per le povere bestie. La ricomparsa dell'uomo avverrà solo 1 anno dopo nel gennaio del 1959 quando 2 uomini della prima spedizione, gli stessi che abbandonarono i cani, ritornarono alla base con l'intento di dare degna sepoltura alle bestie incatenate e fu con grande sorpresa che, proprio nello stesso punto dove li avevano lasciati, ritrovarono 2 soli cani, due fratelli, Taro e Jiro, che, riconoscendoli, pur sapendo del loro tradimento e del loro abbandono, corsero verso gli uomini facendo loro la festa. Se fino a questo punto avevo pianto dalla pena qui sono esploso in un pianto senza fine dalla commozione. Ora.... il film è decisamente intenso e ipnotico specie per la tematica trattata e la veridicità dei fatti un poco romanzati (per necessità di narrazione) ma fedeli nei dati e nei numeri e il mio voto è riferito solo a questo, ossia alla qualità della fiction e all'immane impatto emotivo che ne deriva sullo spettatore. Da non dimenticare poi la colonna sonora assolutamente bella e straziante di Vangelis, veramente unica nel suo splendore e il tutto ulteriormente fomenta lo stato di graduale sofferenza dello spettatore nella visione dell'opera e questo grazie proprio al potere emotivo della musica oltre che delle immagini estreme qui riportate. Detto questo, il punto che sollevo è un altro. Una scritta finale nei titoli di coda, dice che ai cani sono state prestate le massime cure e tutto ciò che si vede è solo finzione cinematografica. I miei dubbi cominciano dal fatto che non mi fido dei giapponesi e che negli anni '80, epoca in cui venne diretto il film, non esistevano, almeno in occidente, tutte queste tutele sull'utilizzo degli animali nei set cinematografici. L'altro dubbio mi viene sollevato dal fatto di vedere un cane che effettivamente cade da una scarpata e che zoppica e se il cane "attore" non è stato anche "addestrato a zoppicare" non capisco perchè dovrei credere al fatto che non gli sia stato fatto del male. Il film è un capolavoro ma, se per caso, fosse stato necessario far soffrire degli esseri viventi solo per girarlo, la moralità del ciò penso che farebbe riflettere. Il mio voto è solo sulla fiction ma i miei legittimi dubbi rimangono aperti.

VOTO: 10

Emmanuel Menchetti