lunedì 17 agosto 2015

RECENSIONE: "IL BOSCO FUORI" conosciuto anche come "L'ULTIMA CASA NEL BOSCO" di Gabriele Albanesi (2006)



Comincio subito col dire che il primo impatto con questo film è terribile a causa di alcuni dialoghi imbarazzanti che però sotto un'altra ottica si possono definire obiettivamente "realistici" (e non nel senso sminuente ma letterale del termine) in quanto riflettono, volenti o nolenti, la mediocrità media italica della più folle normalità che si possa tristemente incontrare nella grigia vita qualunque. Questo realismo si rivelerà un'arma a doppio taglio nelle mani dell'esordiente regista Albanesi ma ci arriviamo al concetto. Alcune recitazioni lasciano (invece!!...) a desiderare ma a differenza di altre che poi si riveleranno sorprendentemente, con l'incedere del film, contraddittoriamente addirittura eccelse! Questa pellicola insomma, un po' appunto per il realismo suddetto e per la inaudita e inarrivabile truculenza splatter-gore ma soprattutto per l'atmosfera surreale in cui il suo realismo silente procede, trasmette allo spettatore un senso di ansietà presente e concreta, di inquietudine, di vero e proprio claustrofobico malessere psichico che diventa poi anche fisico ma dal retrogusto lussurioso e quasi al confine con l'eccitazione. Un'opera che riesce letteralmente a ipnotizzare chi ne fruisce con il suo macabro, grottesco incedere, migliorando di minuto in minuto, sino a concludersi in un apice di eclettismo estetico perfetto, con il risultato di indurre la mente così drogata del malcapitato spettatore a implodere in una quarta dimensione di orrore sublime e claustrofobico, appunto, senza alcuna uscita.  Il senso di inquietudine che ne deriva è da manuale per questo genere estremo di film. Una trama vincente anche se un po' scopiazzata da Phenomena del divino Argento. Effetti speciali di Sergio Stivaletti che non è proprio l'ultimo degli sprovveduti. Lo stesso Sam Raimi l'ha voluto distribuire in USA altrimenti mai il pubblico statunitense avrebbe potuto soffrire della sua soffocante e terribile visione a coronare anche a livello meritatamente internazionale, il senso di angosciosa indisposizione che la pellicola magicamente trasmette. Non conoscere questo film è un handicap difficilmente perdonabile, specie per un metallaro amante di tutto ciò che è gore ma che qui sposa una crudeltà ben più raffinata nel forgiare incubi come pareti di cristallo impenetrabili. Un piccolo grande capolavoro.

VOTO: 8

Emmanuel Menchetti.