domenica 29 ottobre 2017

L'immaginazione, da cui proviene l'intuizione che conduce alla comprensione della realtà sensibile, non prescinde dall'esperienza sensoriale, poiché geneticamente ci vengono ereditati gli strumenti cognitivi, ma non la stessa conoscenza, che dell'esperienza necessita. Intelligenza senza esperienza sarebbe come una scatola vuota, il cui peso gravitazionale nella rotazione dei corpi, si limiterebbe alla sottigliezza impercettibile del solo imballo. Le metodiche di analisi e di reazione comportamentale sono invece soggettive, uniche e innate (per quanto anch'esse frutto di una evoluzione genetica dell'intelletto, sempre più sollecitato dalle crescenti sfide cognitive dell'umanità), per cui la stessa esperienza vissuta da due soggetti, genera necessariamente due rielaborazioni distinte e quindi due risposte diverse. Ne deriva che non è "l'occasione a rendere l'uomo ladro" ma è l'uomo ladro a divenire empiricamente consapevole di essere già tale, grazie alla possibilità. Ciò conduce al fatto che la conoscenza della realtà sensibile non prescinde dalla realtà sensibile medesima. Il modo di comprenderla e reinterpretarla muta in base alla soggettività, per cui malvagità ed empatia (che sono solo differenti condizioni dell'egoismo) non sono tali in assoluto solo per il tramutarsi oggettivamente in azioni rispettivamente dannose e generose, ma sono tali già per il fatto di esistere nel pensiero, prova ne è che il loro eventuale contenimento allo stadio solo immaginativo (per paura o convenienza), determina violenza e frustrazione sul proprio essere per cui, pur nello stadio solo potenziale, sono fonti insopprimibili di tentazione. Malvagità ed empatia sono in realtà solo due facce ontologicamente soggettive dell'unica legge che regola universalmente l'individuo nella difesa dalle minacce del cosmo, ossia l'egoismo, la ricerca del proprio benessere, l'atomo imprescindibile, indivisibile e sempre pari a sé stesso di ogni materia dotata di facoltà intellettive. Soggetti geneticamente "malvagi" saranno condotti dall'istinto egoistico di sopravvivenza verso azioni dannose, mentre soggetti empatici verso la generosità, ma sarà solo la loro soggettiva rielaborazione della realtà, a rendere conveniente e funzionale al proprio egoismo, talvolta l'uno o l'altro comportamento. Di qui la secondarietà dell'azione, (per la sua mancante dimensione ontologica) rispetto al pensiero, indivisibilmente egoista, e unico motore, quest'ultimo, dell'intero cosmo.

Emmanuel Menchetti.