giovedì 10 gennaio 2013

RECENSIONE LETTERARIA: JIMMY PAGE - "LUCE E OMBRA"



Della grandezza divina e della magia compositiva, dell’arte creativa al confine col divino (sinonimo di perfetto nella fantasia dell’uomo che lo immagina) di questo artista e del gruppo che ha contribuito fortemente a rendere così celebre, un’autentica leggenda del blues-rock, influenza per la maggior parte di tutto l’hard rock e heavy metal venuto poi (ancora quello recente ne trae ispirazione e stiamo parlando di più di 40 anni di band che continuano, in modo fallace, ad attingere alla foce … per non usare il volgare termine di “scroccare le idee”) non voglio neanche proferirmi. Se non conoscete i Led Zeppelin avete solo il dovere di spendere il prossimo stipendio nell’acquisto dell’intera discografia in un unico pacco, a seguito di un unico gesto di estrapolazione di bigliettoni dal portafoglio: non avrete mai a che fare, nella vostra triste e routinaria esistenza, con spese migliori, neppure quelle mediche-chirurgiche per salvarvi la vita. Una presenza su questa terra, vissuta senza conoscere i Led Zeppelin, equivale alla vita di un essere nato cieco e sordo, che quindi elabora estrapolazioni mentali solo dall’immaginazione di un punto irremovibile e senza luce nè suono nello spazio. Qui voglio parlare del libro. Questo che ho tra le mani è l’unica autentica opera letteraria autorizzata ufficialmente da almeno uno solo dei membri della band. Vi pare poco?? … montagne di carta sono state macchiate con porcate inutili, totalmente inventate sulla loro pazza vita da rock star, le stesse porcate che sono state scritte su Slash, su Adler, sui Crue, su Ozzy e su tutti quei dementi che hanno invece acconsentito che si facesse sperpero e scempio della loro privacy, con notizie puramente sensazionaliste, come la solita vita da rockstar a base del solito e ormai boring e consunto trittico sesso-droga-rock’n’roll (che esistenza pallosa, meglio una vita passata sui libri e sulle ricette di cucina). Page invece, che è un artista serio e non un pagliaccio come i tristi personaggi nominati poc’anzi, non ci sta e in questa raccolta di un ventennio buono di reali interviste, ci mostra un’opera in cui ci parla semplicemente dell’argomento per cui lo conosciamo: la musica. I vizi e stravizi (che pure Mr. Page & soci di combriccola orgiastica, hanno fatto) sono solo satelliti che ruotano attorno al pianeta principale che è e continua ad essere il suo amore incondizionato per la musica e questo James Patrick Page lo sa. Il libro allora ci sfodera un continuum di storia leggendaria, che ci parla di arte chitarristica, della sua vita da turnista da studio e di tecnico del suono, ancor prima di entrare negli Zeppelin (interessante è la sua collaborazione con Clapton, Jeff Beck e la militanza negli Yardbirds) e lo fa in una commistione tra sfera sentimentale, in cui si denota tutta la passione per il suo strumento e per la buona riuscita della musica d’insieme, e il profilo strettamente tecnico-descrittivo. Ci insegna allora come microfonare una batteria, ponendo l’accento sull’importanza dei microfoni d’ambiente, che vanno posizionati lontano dai fusti, proprio per catturare i riverberi naturali e i rientri della sala di registrazione, così affascinanti da ascoltare e così freddi da riproporre artificialmente (ascoltare “When the levee breaks” per credere, non è che qui si parla a vanvera, chiaro??!!). Per ottenere tutto questo, il buon Page nascondeva i microfoni anche nei bui corridoi, non è che producesse i dischi degli Zep a casaccio!! Ci parla della sua esperienza con lo studio del blues e anche del jazz, del suo approccio con la lettura forzata della musica su pentagramma, a cui fu costretto ad imparare, per continuare a lavorare come turnista da studio per le più disparate occasioni in cui si trovò a suonare. Non male, tutto serve nella vita e fu grazie a quel lavoro protratto per tutti gli anni ’60, che riuscì da solo a produrre e finanziare i primi due favolosi album degli Zeppelin (avvalendosi esclusivamente di un fonico opportunamente monitorato), portando le bobine già pronte e registrate direttamente alla Atlantic per la distribuzione. Riuscì anche ad ottenere il controllo totale sulla produzione della band, quindi tutto ciò che ascoltate dagli Zep è creazione genuina, farina del loro unico sacco e niente di riarrangiato o consigliato dalle avide major discografiche. Tutto questo grazie alla sua esperienza come musicista, come turnista e come produttore che ci hanno restituito un Page già maturo, ancor prima di fondare gli Zep. Il libro è anche arricchito da interessanti voci fuori-campo di artisti che hanno collaborato con lui,  come il grande John Paul Jones e Jeff Beck. Cos’altro aggiungere?? RISPETTO per questo artista. RISPETTO E DEVOZIONE TOTALE. Devozione per la sua musica. Rispetto per il coraggio di scrivere un libro enfatizzando il lato tecnico delle sue creazioni, rischiando così di annoiare il lettore, senza quella sterpaglia di giornalismo gossipparo pieno di deretani nudi, tette al vento e curve chilometriche di cocaina sui tavoli (che tanto piace al pubblico frustrato e abituato solo al lavoro schiavista nei capannoni) di cui invece si sono avvalsi tanti altri deboli artisti.

VOTO: 9

EMMANUEL MENCHETTI

1 commento: