La casualità del seppur auspicabile raggiungimento della felicità nel corso di una vita che non ci è stata però chiesta di vivere, rende lo stesso benessere un qualcosa di incidentale ed accessorio a una condizione esistenziale che pervade e domina l’ombra di ogni nostra scelta. Il disagio di vivere, per contro, è una condizione cui si associa un attributo maggiormente ontologico dell’esistenza stessa. Da questa ottica, dato quindi il vizio iniziale di una nascita forzata, la felicità non può esistere o se si raggiunge è una condizione sussidiaria quanto velleitaria e fugace, mentre l’infelicità è essa stessa parte integrante e decifrante dell’essere vivo.
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