giovedì 5 dicembre 2013

RECENSIONE CINEMATOGRAFICA: "ANTARCTICA" - Regia: Koreyoshi Kurahara - Anno: 1983




La prima volta che vidi quest'opera ero un bambino e ricordo che piansi tantissimo mentre mia madre cercava di rassicurarmi sul fatto che fosse solo un film; purtroppo qui invece non siamo di fronte solo a una finzione puramente cinematografica, ma a una produzione giapponese che costituisce una sorta di documentario su una storia realmente accaduta nel 1958. All'epoca, un team di scienziati giapponesi fece una spedizione nell'Antartide, stabilendosi in una base di ricerca per un anno intero, accompagnati da 15 cani da slitta di razza husky. Nel febbraio del 1958 fu inviato  un secondo team con una nave rompighiaccio, che doveva dare il cambio alla prima squadra. A causa delle avverse condizioni climatiche, la nave si incagliò nel ghiaccio e non si riuscì a romperlo neppure con l'innesto di dinamiti. A quel punto si decise che la nave, impedita ormai nel proseguire il suo cammino verso la base, dovette fare marcia indietro e si decise che gli 11 scienziati della base dovessero venire prelevati con un piccolo aereo a gruppi di 3 per volta. Problemi di spazio e carburante li costrinsero alla dura scelta di non imbarcare anche i cani, i quali vennero lasciati alla base, legati a una catena, con scorte di cibo per una settimana, periodo di tempo entro il quale altri uomini sarebbero dovuti tornare a prelevarli. Purtroppo però i cani vennero invece abbandonati al loro triste destino e non vedendo tornare i loro padroni traditori che loro avevano sempre inutilmente servito, cominciarono a capire che dovevano muoversi da soli e cercarono di liberarsi dai loro stretti collari. Di questi 15 cani 7 non riuscirono a liberarsi e morirono incatenati di fame e di freddo, gli altri 8 riuscirono invece a sfilarsi da soli dai loro collari e cominciando così un'avventura insieme, alla ricerca di cibo fatto principalmente di pinguini, foche e pesci congelati tra i ghiacci e lottando per la sopravvivenza in un ambiente totalmente ostile per loro. Nel frattempo uno degli scienziati tornati in Giappone, viene rovinato dal rimorso per aver legato i cani e non aver potuto almeno ucciderli lui col veleno, abbandonandoli ad una lenta e ben più crudele morte per fame e assideramento. Decide di regalare un cucciolo alla propria figlia chiamandolo Riki proprio come suo padre ossia uno dei cani ora lasciati là a morire nel Polo Sud ma la figlia non lo vuole e lo rimprovera di aver abbandonato il "vero" Riki. Il film prosegue con un continuum massacrante per la mia sensibilità, di tragedie in cui muoiono i cani, chi inghiottito dalle acque che si liberano tra i ghiacci aperti, chi divorato da un'orca, chi scivolato in una scarpata ghiacciata e vi assicuro che la visione ne è davvero difficile senza riuscire a piangere per il dolore e la pena provati per le povere bestie. La ricomparsa dell'uomo avverrà solo 1 anno dopo nel gennaio del 1959 quando 2 uomini della prima spedizione, gli stessi che abbandonarono i cani, ritornarono alla base con l'intento di dare degna sepoltura alle bestie incatenate e fu con grande sorpresa che, proprio nello stesso punto dove li avevano lasciati, ritrovarono 2 soli cani, due fratelli, Taro e Jiro, che, riconoscendoli, pur sapendo del loro tradimento e del loro abbandono, corsero verso gli uomini facendo loro la festa. Se fino a questo punto avevo pianto dalla pena qui sono esploso in un pianto senza fine dalla commozione. Ora.... il film è decisamente intenso e ipnotico specie per la tematica trattata e la veridicità dei fatti un poco romanzati (per necessità di narrazione) ma fedeli nei dati e nei numeri e il mio voto è riferito solo a questo, ossia alla qualità della fiction e all'immane impatto emotivo che ne deriva sullo spettatore. Da non dimenticare poi la colonna sonora assolutamente bella e straziante di Vangelis, veramente unica nel suo splendore e il tutto ulteriormente fomenta lo stato di graduale sofferenza dello spettatore nella visione dell'opera e questo grazie proprio al potere emotivo della musica oltre che delle immagini estreme qui riportate. Detto questo, il punto che sollevo è un altro. Una scritta finale nei titoli di coda, dice che ai cani sono state prestate le massime cure e tutto ciò che si vede è solo finzione cinematografica. I miei dubbi cominciano dal fatto che non mi fido dei giapponesi e che negli anni '80, epoca in cui venne diretto il film, non esistevano, almeno in occidente, tutte queste tutele sull'utilizzo degli animali nei set cinematografici. L'altro dubbio mi viene sollevato dal fatto di vedere un cane che effettivamente cade da una scarpata e che zoppica e se il cane "attore" non è stato anche "addestrato a zoppicare" non capisco perchè dovrei credere al fatto che non gli sia stato fatto del male. Il film è un capolavoro ma, se per caso, fosse stato necessario far soffrire degli esseri viventi solo per girarlo, la moralità del ciò penso che farebbe riflettere. Il mio voto è solo sulla fiction ma i miei legittimi dubbi rimangono aperti.

VOTO: 10

Emmanuel Menchetti

martedì 8 ottobre 2013

RECENSIONE "DREAM THEATER" - DREAM THEATER (2013)



L'ascoltatore medio dei Dream Theater (cioè IO) è notoriamente un talebano, o meglio, viziato da standard qualitativi a livello sia compositivo che di produzione, irraggiungibili da altri comuni mortali, è talmente stato martellato di perfezione dai trascorsi della band, ma soprattutto talmente assecondato alla continua innovazione del loro sistema musicale rispetto alla banalità di tutto il resto, da ESIGERE, PRETENDERE, solo il paradosso, ossia che la band newyorkese ormai nello stanco 2013, a distanza di ben 25 anni dai primi folgori, continui a stupirlo nuovamente!!! Lo so, anche loro sono esseri umani purtroppo e la cosa curiosa è che hanno assegnato il loro stesso nome proprio a uno degli album forse meno convincenti. Intendiamoci, in questo disco ci sono parti strumentali da fare accapponare la pelle (brivido che i loro ascoltatori già conoscono!! che è come familiarizzare con una droga già assunta in tanti sabati sera ordinari!!) ma quando non tutto è perfetto, l'integralismo di chi li ama è tale da far pure storcere il naso (!!!) ad esempio di fronte ad un suono di rullante pessimo o ad un suono di cassa non del tutto incisivo (mi mancano le produzioni del vecchio orsetto Portnoy, lui si che ci ragionava!!); un plauso finalmente al suono del basso divenuto più presente, potente e a delle parti strumentali per le quali ogni parola che io possa aggiungere è assolutamente limitativa rispetto alla loro grandezza divina che, come tale, non merita neppure di essere banalizzata in una recensione perchè loro sono così, bisogna ascoltarli e probabilmente neppure capirete neanche un millesimo, non coglierete che una porzione infinitesima della loro grandezza che voi, comuni mortali, non meritate. C'è un però, c'è qualche però che in timidi tratti invece non mi fa gridare al miracolo e questo per i Dream è un male non di poco conto: qualche canzone sotto tono, non brillante, non evocativa unita a melodie un pochino "secondarie" rispetto al passato (che hanno il sapore di essere come brani di seconda scelta presi in prestito da produzioni precedenti) e se a tutto questo aggiungiamo che la voce di LaBrie è un po' spossata e non penetrante come in passato, è chiaro che, pur di fronte agli "scontati" capolavori che ci saremmo comunque aspettati e abbondantemente contenuti in questo disco, non mi resta che licenziarlo "solo" con un miserabile e desolante 8 come voto finale.

VOTO: 8






lunedì 27 maggio 2013

CONCERTO DI JOE SATRIANI DEL 26/05/2013 al VELVET CLUB di RIMINI







E' difficile trovare le parole che possano esaurientemente descrivere la totalità delle emozioni provate per il CONCERTO DI JOE SATRIANI DI IERI SERA AL VELVET. Lo spettacolo offerto in quel di Rimini, è qualcosa di assolutamente ineguagliabile come impagabile, impareggiabile, irraggiungibile e assolutamente toccante è lo stile, la tecnica, la leggiadria e la totale naturalezza e padronanza nel suonare la chitarra come fosse il prolungamento del suo corpo ma soprattutto, ed è ciò che, a mio parere, lo rende veramente unico, è il suo gusto, l'intuizione melodica sempre stravincente che ha ogni santa volta che compone una canzone. Joe Satriani E' la chitarra, nessuno si può permettere il lusso di criticarlo perchè l'arte (quella vera) è oggettiva anche se la percezione e la singola capacità di apprezzarla rientra nella sfera soggettiva che, come tale, risente dei propri pregi ma anche dei propri limiti. Joe Satriani è il compositore per eccellenza che mi suscita commozione, estasi, senso del piacere sia quando mette assieme due sole note per costruire un fraseggio melodico, sia quando ne mette 300 mila, magari con un tapping alla velocità della luce ma SENZA MAI PERDERE IL GUSTO NEL FARE LE COSE ed è questa l'unica cosa che conta. Il concerto di ieri sera, 2 ore di apoteosi interamente strumentale (uno dei pochi che ha capito che quando gli strumenti sono di per sè già capaci di trasmettere il soggetto tematico con le sole emozioni nell'immaginario dell'ascoltatore, i cantanti e i loro testi sono perfettamente inutili!), mi ha fatto provare un brivido lungo la schiena che ho provato solo nel 1996 in cui vidi i Dream Theater per la prima volta e nel 1998 quando vidi per la prima volta sempre lui, il grande e impareggiabile Joe. Questa condizione eleva l'esibizione di ieri sera nell'olimpo dei migliori concerti mai visti ....e se lo dico io che ho visto tutti..... un plauso anche ai fonici che hanno miracolosamente salvato l'esibizione dalla proverbiale atrocità dell'acustica del locale interessato dall'evento. 

VOTO: 10 CON INFINITE LODI A SEGUIRE.

martedì 16 aprile 2013

RECENSIONE CINEMATOGRAFICA: "POWDER" - Regia: Victor Salva (1995)





Einstein sosteneva che se riuscissimo a utilizzare tutta la capacità del nostro cervello, noi saremmo pura energia e non avremmo bisogno del corpo..... questo film ipotizza proprio la nascita di un essere del genere (albino nato nel grembo di una madre deceduta per un colpo apoplettico causato da un fulmine) e ci descrive con un'attitudine cinematografica non lungi dal rivelarsi affascinante, attraente per lo spettatore, la vita di isolamento che un essere siffatto sarebbe costretto a sopportare in mezzo all'idiozia comune. Romantico e fresco, in questa piacevole pellicola il regista statunitense suscita stupore ed entusiasmo come lo sbocciare di un fiore in mezzo a una lastra di grigio cemento in un decennio come quello degli anni '90, già ben propenso a discreti film di genere fantascientifico-apocalittico-futurista-azione. In una banale parola per gli analfabeti: BELLO. 

VOTO: 7,5

Emmanuel Menchetti

sabato 16 febbraio 2013

RECENSIONE CINEMATOGRAFICA: "SETTE NOTE DI TERRORE" - Regia: Beverly Sebastian (1992)




Filmetto che, più di qualsiasi altro nella storia del cinema, pur essendo prodotto nei già nostalgici primi anni '90, rappresenta i luminosi anni '80 riuscendone a carpire tutto lo spirito e il fascino, ma anche l'elemento ridicolo in soli 90 minuti di spettacolo, a suo modo, divertente. Non è certo un capolavoro ma comunque un'opera che unendo l'elemento thriller del macellamento misterioso di malcapitate vittime, la matrice gotica data dall'esumazione di una tomba e dallo scambio di cadaveri ed il forte carattere rock'n'roll su cui si sviluppa tutta la vicenda, oltre il consueto e sempre irrinunciabile indumento pacchiano, anche questo tipicamente ottantiano, che ne veste l'intero incedere, farà gioire tutti i metallari amanti del sempre verde cocktail di sangue e sudore ossia sano e roccioso rock'n'roll con tematiche horrorifiche. Se visto in questa veste e con l'unica ottica di divertirsi, questo film è, senza infamia e senza gloria, un'opera decisamente piacevole; se invece non siete amanti del sacrilego matrimonio tra rock e horror, credo che non vi trovereste neanche davanti al pc a guardarlo ma il vostro posto, nello spazio virtuale, sarebbe di certo ben altrove. Sul nostro amato tubo, territorio spesso di chicche ormai dimenticate dal tempo, troverete il film diviso in 6 parti.

 VOTO: 7

Emmanuel Menchetti

domenica 10 febbraio 2013

RECENSIONE CINEMATOGRAFICA: SHIVERS - IL DEMONE SOTTO LA PELLE - Regia: David Cronenberg (1975)





Ogni film di Cronenberg denota tutta la sua totale perversione, il surrealismo orrorifico, la sua follia creativa libera da schemi precostituiti che trasforma le sue opere in incubi, limbi di purgatori onirici dove tutto può succedere, reiterandone,opera dopo opera, il degrado morale. Non deve essere stato facile trovare i finanziamenti per le sue stravaganze all'inizio della carriera, ma all'epoca, il pubblico era affamato di novità e apocalissi futuristiche che infrangessero col passato. 

VOTO: 6

EMMANUEL MENCHETTI

martedì 5 febbraio 2013

RECENSIONE CINEMATOGRAFICA : "ALTA TENSIONE" - Regia:: Alexandre Aja (2003)



Questa è una produzione francese e che, come tale, conferma la totale passionalità e devozione del sangue di questo popolo verso l'arte, tale da portarla sino al parossismo. Parafrasandone il titolo, questo è un film molto forte, pieno di sangue che sgorga ovunque, di violenza che pare gratuita ma poi si capisce che non lo è. E' un film che ha una storia ben precisa e azzeccata, PERVERSA, GENIALE; una diabolica divinizzazione e (allo stesso tempo) demonizzazione del piacere lesbo, tale da renderla onnipotente e priva di pietà. Una pellicola angosciante  che ti ipnotizza letteralmente sino al colpo di scena finale ma che per quell'unico shock che tutto pretende di spiegare, per quell'unico risvolto emotivo sullo spettatore così ammaliato, apporta delle grossolane forzature sulla trama che francamente, non si spiegano per giustificarne alcuni importanti tasselli nella tessitura della storia. Peccato perchè altrimenti è un film decisamente coinvolgente che mi sento di consigliare.

VOTO: 7,5

Emmanuel Menchetti

giovedì 10 gennaio 2013

RECENSIONE LETTERARIA: JIMMY PAGE - "LUCE E OMBRA"



Della grandezza divina e della magia compositiva, dell’arte creativa al confine col divino (sinonimo di perfetto nella fantasia dell’uomo che lo immagina) di questo artista e del gruppo che ha contribuito fortemente a rendere così celebre, un’autentica leggenda del blues-rock, influenza per la maggior parte di tutto l’hard rock e heavy metal venuto poi (ancora quello recente ne trae ispirazione e stiamo parlando di più di 40 anni di band che continuano, in modo fallace, ad attingere alla foce … per non usare il volgare termine di “scroccare le idee”) non voglio neanche proferirmi. Se non conoscete i Led Zeppelin avete solo il dovere di spendere il prossimo stipendio nell’acquisto dell’intera discografia in un unico pacco, a seguito di un unico gesto di estrapolazione di bigliettoni dal portafoglio: non avrete mai a che fare, nella vostra triste e routinaria esistenza, con spese migliori, neppure quelle mediche-chirurgiche per salvarvi la vita. Una presenza su questa terra, vissuta senza conoscere i Led Zeppelin, equivale alla vita di un essere nato cieco e sordo, che quindi elabora estrapolazioni mentali solo dall’immaginazione di un punto irremovibile e senza luce nè suono nello spazio. Qui voglio parlare del libro. Questo che ho tra le mani è l’unica autentica opera letteraria autorizzata ufficialmente da almeno uno solo dei membri della band. Vi pare poco?? … montagne di carta sono state macchiate con porcate inutili, totalmente inventate sulla loro pazza vita da rock star, le stesse porcate che sono state scritte su Slash, su Adler, sui Crue, su Ozzy e su tutti quei dementi che hanno invece acconsentito che si facesse sperpero e scempio della loro privacy, con notizie puramente sensazionaliste, come la solita vita da rockstar a base del solito e ormai boring e consunto trittico sesso-droga-rock’n’roll (che esistenza pallosa, meglio una vita passata sui libri e sulle ricette di cucina). Page invece, che è un artista serio e non un pagliaccio come i tristi personaggi nominati poc’anzi, non ci sta e in questa raccolta di un ventennio buono di reali interviste, ci mostra un’opera in cui ci parla semplicemente dell’argomento per cui lo conosciamo: la musica. I vizi e stravizi (che pure Mr. Page & soci di combriccola orgiastica, hanno fatto) sono solo satelliti che ruotano attorno al pianeta principale che è e continua ad essere il suo amore incondizionato per la musica e questo James Patrick Page lo sa. Il libro allora ci sfodera un continuum di storia leggendaria, che ci parla di arte chitarristica, della sua vita da turnista da studio e di tecnico del suono, ancor prima di entrare negli Zeppelin (interessante è la sua collaborazione con Clapton, Jeff Beck e la militanza negli Yardbirds) e lo fa in una commistione tra sfera sentimentale, in cui si denota tutta la passione per il suo strumento e per la buona riuscita della musica d’insieme, e il profilo strettamente tecnico-descrittivo. Ci insegna allora come microfonare una batteria, ponendo l’accento sull’importanza dei microfoni d’ambiente, che vanno posizionati lontano dai fusti, proprio per catturare i riverberi naturali e i rientri della sala di registrazione, così affascinanti da ascoltare e così freddi da riproporre artificialmente (ascoltare “When the levee breaks” per credere, non è che qui si parla a vanvera, chiaro??!!). Per ottenere tutto questo, il buon Page nascondeva i microfoni anche nei bui corridoi, non è che producesse i dischi degli Zep a casaccio!! Ci parla della sua esperienza con lo studio del blues e anche del jazz, del suo approccio con la lettura forzata della musica su pentagramma, a cui fu costretto ad imparare, per continuare a lavorare come turnista da studio per le più disparate occasioni in cui si trovò a suonare. Non male, tutto serve nella vita e fu grazie a quel lavoro protratto per tutti gli anni ’60, che riuscì da solo a produrre e finanziare i primi due favolosi album degli Zeppelin (avvalendosi esclusivamente di un fonico opportunamente monitorato), portando le bobine già pronte e registrate direttamente alla Atlantic per la distribuzione. Riuscì anche ad ottenere il controllo totale sulla produzione della band, quindi tutto ciò che ascoltate dagli Zep è creazione genuina, farina del loro unico sacco e niente di riarrangiato o consigliato dalle avide major discografiche. Tutto questo grazie alla sua esperienza come musicista, come turnista e come produttore che ci hanno restituito un Page già maturo, ancor prima di fondare gli Zep. Il libro è anche arricchito da interessanti voci fuori-campo di artisti che hanno collaborato con lui,  come il grande John Paul Jones e Jeff Beck. Cos’altro aggiungere?? RISPETTO per questo artista. RISPETTO E DEVOZIONE TOTALE. Devozione per la sua musica. Rispetto per il coraggio di scrivere un libro enfatizzando il lato tecnico delle sue creazioni, rischiando così di annoiare il lettore, senza quella sterpaglia di giornalismo gossipparo pieno di deretani nudi, tette al vento e curve chilometriche di cocaina sui tavoli (che tanto piace al pubblico frustrato e abituato solo al lavoro schiavista nei capannoni) di cui invece si sono avvalsi tanti altri deboli artisti.

VOTO: 9

EMMANUEL MENCHETTI

lunedì 7 gennaio 2013

RECENSIONE LETTERARIA: STEVEN ADLER: My Appetite for Destruction: Sex & Drugs & Guns N' Roses




L'operazione di un fallito che ha vissuto un momento di gloria tanto intenso quanto fugace, illustre quanto vano, che ha contribuito marginalmente alla realizzazione di un album cardine, capolavoro assoluto della storia del rock di ogni epoca, per poi sparire dopo appena uno sparuto ciuffo di anni dai riflettori, smollato senza riserve dai suoi compagni per non meglio identificati problemi con le droghe (come se loro invece non le usassero!!) e se ne ritorna 20 anni dopo con questo libretto, rivendicando nostalgicamente la sua passata appartenenza alla celebre band, mi sembra tutta una manovra davvero patetica. Il tutto per buttar su due soldi (forse perchè per farsi le spade i diritti su quel disco, dato l'avvento di internet nel frattempo, non bastano più!) e per buttar su questi due soldi non poteva che farsi scrivere un libro (scommetto che a malapena riuscirebbe a scrivere il proprio nome) pieno di minchiate assurde. Come volevasi dimostrare l'opera in questione non parla di musica, di sogni realizzati e di speranze nell'orizzonte di un musicista o per lo meno lo fa ma in minima parte perchè quella roba non interessa, non vende oltre che questo batterista non ha studiato assolutamente nulla di musica quindi non sarebbe proprio in grado di approfondire un discorso puramente musicale sotto il profilo tecnico-descrittivo. Meglio parlare di quello che vogliono sentire tutti, musicisti e non... così giusto per ampliare il target di destinazione: ma ovviamente parlo delle sue fantomatiche avventure sessuali! Questo libro descrive scenette orgiastiche del tutto improbabili con avvenenti fanciulle, anzi "della miglior specie" come si preoccupa di puntualizzare chi scrive per conto di Adler, in una totale profanazione del valore morale delle donne, dove queste vengono trattate peggio di stupide bestie, asservite in plotoni a chissà quale fantomatico potere attrattivo. Da come dice il nostro visionario Adler, talmente entusiasta di quello che racconta da suscitare in me il dubbio di aver imparato a credere alle sue stesse bugie nel corso degli anni oppure di aver dimenticato che non fossero vere, sembra proprio che questi esseri totalmente privi di cervello, facessero la fila per gentilmente succhiare le parti intime sue, di Slash o del suo amico Tommy Lee, anzi avessero talmente fretta di farlo che non aspettavano neanche la fila, buttandosi in massa sui fortunati lungocriniti. Io posso comprendere che una fanciulla di un'età non certo superiore ai 20 anni, si possa appassionare a questo genere di musica e magari possa puntare a fidanzarsi o ad avere un rapporto seppur fugace con i diretti protagonisti di quella scena ma da qui a stare a raccontare che plotoni di ragazzine si scannassero tra di loro solo per poter ingerire il loro liquido seminale come se queste donne, perse nel formicaio, fossero totalmente prive di autostima, dignità ed anche solo logica mi sembra decisamente fuori luogo, fantascientifico e lasciatemelo dire.... osare immaginarlo (spacciandolo tristemente per vero) è anche schifosamente maschilista. Chi conosce veramente le donne sa benissimo che nessuna di queste si presterebbe ad essere formica in un formicaio e chi lo facesse soffrirebbe sicuramente di un'autostima così bassa che la cosa farebbe seriamente dubitare del proprio potenziale fisico. Di qui la logica considerazione che Mr. Adler non ha avuto un numero di donne più alto di quello delle dita contenute nella mano di un operaio metalmeccanico dopo un tragico incidente sul lavoro e se ne ha avute di più, non ha capito nulla della psicologia femminile. La cosa che mi fa più rabbia è che questo autentico fallito, vittima solo delle sue bugie oltre che delle droghe, palesa e millanta una bassa autostima per tutto il libro forse per rendersi più simpatico al lettore, quando poi si lascia incoerentemente andare in certe frasi decisamente ridicole che invece ci mostrano un vero e proprio delirio di onnipotenza. Sta comunque all'intelligenza del lettore giudicare la veridicità dei fatti trattati e per me l'unica cosa vera che c'è scritta in questo libro è che Axl fosse un autentico stronzo egocentrico interessato solo a sè stesso e alla sua immagine e questo è risaputo perchè giornalisti e organizzatori di festival si sono sempre lamentati per i suoi comportamenti da bambinetto viziato e poi basterebbe guardarlo sul palco per capire che razza di pagliaccio è (domanda: l'avete mai visto con la stessa giacca per più di una canzone??? ... ok la risposta allora è insita nella domanda). Il libro, coerentemente con tristi politiche di facile mercato, scorre molto bene ed anche in modo piacevole e interessante.... se ciò che ci fosse scritto fosse vero. La musica però e soprattutto la letteratura è decisamente un'altra cosa. Lasciate marcire questo libro negli scaffali delle librerie e seguite solo i musicisti che amano veramente la propria musica e non quelli della peggior specie che invece la usano solo per rimorchiare donne.

VOTO: 1

EMMANUEL MENCHETTI






mercoledì 2 gennaio 2013

INTERVISTA ALLA GRANDE CANTANTE CLARISSA VICHI




Voglio innanzitutto constatare di essere onorato che questa grandissima artista, inarrivabile cantante abbia accettato di rispondere alle mie domande, ma veniamo al sodo .....


CIAO, CLARISSA, INNANZITUTTO MI RITENGO ONORATO DI POTER INTERVISTARE UN'ARTISTA COME TE E LA PRIMA DOMANDA E' BANALE (SEI TALMENTE BRAVA CHE MI FAI ESSERE BANALE) MA MI PREME SAPERLO: IO RITENGO PERSONALMENTE CHE LA DOTE MUSICALE SIA QUALCOSA SOPRATTUTTO DI INNATO CHE CONTRADDISTINGUE IL MUSICISTA DALLA PERSONA "NORMALE" ED E' ANCHE GIUSTO CHE SIA COSI' PERCHE' NON RITENGO CHE SIA LODEVOLE LA CONDIZIONE SEMI-DIVINA DI ARTISTA SE A QUESTA SI POTREBBE ASSURGERE SOLO ED ESCLUSIVAMENTE CON LO STUDIO. CREDO CHE A MAGGIOR RAGIONE QUESTO VALGA PER LA VOCE DOVE LO STRUMENTO CHE ADOPERI SAGGIAMENTE CON LO STUDIO E LA TECNICA SOPRAFFINA, E' IL TUO STESSO CORPO CHE QUINDI DEVE ESSERE BEN EDUCATO E CONSERVATO, MA CHE MADRE NATURA TI HA DATO ALLA NASCITA. RITENGO ANCHE CHE LA VOCE SIA QUEL PARTICOLARE TIMBRO DELLA MUSICA CHE REALMENTE DIFFERENZIA UN GRUPPO DA UN ALTRO PERCHE' APPARTIENE ALLA DISCREZIONALITA' E ALL'INDIVIDUALITA' DI CHI CANTA. DETTO QUESTO, SE SEI D'ACCORDO CON ME, TI CHIEDO: QUANDO E SOPRATTUTTO IN CHE MODO HAI SCOPERTO DI AVERE QUESTA INVIDIABILE DOTE MUSICALE, QUESTA VOCE COSI' SPLENDIDA??? ... OPPURE MI CONTRADDICI RISPONDENDOMI CHE E' STATO TUTTO E SOLO QUESTIONE DI STUDIO??


CLARISSA VICHI: piacere di essere qui caro emmanuel..per quanto riguarda la mia voce..beh posso dire che madre natura mi ha dato una grande mano,ho scoperto di avere il dono da piccola..all'età di 9 anni..poi diciamo che intorno ai 15 ho preso la seria considerazione di dedicarmi totalmente ad essa.lo studio c'è stato e continua ad esserci (soprattutto autodidatta),ascoltando e facendo master class un po qua e un po la..su diversi generi.


NON PENSI CHE DALLE NOSTRE PARTI RIGUARDO AL CANTO CI SIA MOLTA SUPERFICIALITA'? ... MI SPIEGO, IN POCHI STUDIANO QUESTO STRUMENTO CHE INVECE, COME TU INSEGNERAI, SE NON OPPORTUNAMENTE MONITORATO NEL SAGGIO USO DEL DIAFRAMMA, DELLA RESPIRAZIONE, DEL CONTROLLO DELLA VIBRAZIONE SONORA NEL CAVO ORALE E NASALE, PUO' ANCHE PORTARE SERI PROBLEMI ALLE CORDE VOCALI; MOLTE PERSONE, CREDENDO DI ESSERE INTONATE E DI AVERE UN'IMMAGINE DECENTE, SONO CONVINTE CHE QUESTO BASTI PER PIACERE AL PUBBLICO, MA E' VERAMENTE COSI'? NON SI TENDE UN PO' A CONFONDERE L'IMMAGINE CON LA REALE DOTE MUSICALE?

io ti dirò solo una cosa: ormai pensano che cantare sia alla portata di tutti quando non è cosi..

FORSE QUESTA SUPERFICIALITA' CI E' DATA DAI CATTIVI ESEMPI TELEVISIVI O DI GENTE INCOMPETENTE CHE "CE L'HA FATTA"?

a questa domanda ti rispondo che siamo in un paese dove la cultura al momento è a basso livello..in tutti i campi..quindi di conseguenza tutto ciò si porta anche nella musica..quello che vediamo in tv non è la grande realtà musicale che abbiamo in italia.io giro molto e di talenti e di gruppi valorosi ne ho visti e sentiti tanti..e non sono certo in televisione--

COSA PENSI DEI TALENT SHOW COME "AMICI" O "X FACTOR"? SOLO IMMONDIZIA TELEVISIVA, TERRITORIO DI CORRUZIONE O REALE TRAMPOLINO DI LANCIO PER TALENTI ALTRIMENTI RIMASTI NEL BUIO DELL'OBLIO?

i talent ai quali io stessa ho voluto in precedenza partecipare ti possono dare la spinta giusta ma se non hai qualche spinta dietro (parlo di produttori e contratti) non valgono il gioco..rischi di entrare nel dimenticatoio in due anni...xchè è una fabbrica del ricambio..

QUALI SONO LE TUE CANTANTI PREFERITE E IN CHE MODO VIVI L'INTERPRETAZIONE DI ARTISTI COME JANIS JOPLIN, PRINCE, AMY WINEHOUSE SU DI TE?? NON TEMI DI PERDERE PERSONALITA' ??

la personalità ci appartiene..io credo solo che ispirandosi a certi artisti si possa crescere..nel mio caso questo succede..x dire un nome io adoro RACHELLE FERRELL

A QUANDO UN DISCO DI CANZONI DI CLARISSA VICHI... MA SOPRATTUTTO QUANDO TI VEDREMO IN TELEVISIONE??

in tv al momento non credo..i miei inediti ci sono..non li porto molto in giro xchè attualmente come live lavoro con situazioni tribute e cover..ma state pronti che il cd arriverà..

SPAZIO PER I RITUALI SALUTI AL POPOLO DI FACEBOOK ( E NON) CHE CI ASCOLTA.....

un grazie a te e a tutti,w la musica sempre..xchè è lei che ci salva!
clarissa

....E UN GRAZIE A TE DI ESISTERE AGGIUNGO IO!!!!